Un’esperienza liquida indimenticabile che si articola tra le forme del bar, le note musicali di un violino che seguono armonicamente i passaggi della miscelazione. Questo e molto altro, racchiudono l’essenza del bar londinese che parla italiano.
Nella prima parte dell’intervista abbiamo chiesto ai nostri professionisti di spiegarci la chiave del loro successo: l’hospitality. Un tipo di accoglienza dal marchio italiano che non dà spazio a tendenze o mode, ma le crea. Ora è tempo di parlare di miscelazione e cocktails, quali saranno le proposte del Connaught Bar?
Ago, Giorgio, Maura parlateci della vostra proposta di miscelazione? Si tratta di “un’esperienza liquida” a tutti gli effetti?
Siamo sempre stati fedeli al classico, nelle nostre reinterpretazioni ci lasciamo guidare dalle nostre esperienze personali, come i viaggi o le realtà che ci hanno forgiato nel tempo, senza perdere mai di vista la tradizione. Il tutto è nella storia, i clienti sono affascinati dalle narrazioni, la tecnica non conta se non sai come impiegarla, non servono sempre le stravaganze l’importante è regalare un’emozione. Conosciamo bene i nostri clienti e sappiamo cosa proporre, ci ricordiamo i loro cocktail preferiti e all’occasione proponiamo qualcosa di diverso che possa incontrare il loro gusto.
Abbiamo due clienti fissi, che sono grandi amici con personalità opposte che si rivelano in ciò che bevono. Uno vive a Londra e beve cocktail fortissimi ed eccentrici, come la sua personalità; l’altro arriva da Milano e preferisce drink più fruttati e dolci; ma quando sono assieme è un connubio di personalità affascinante. Ci hanno talmente conquistato da ispirarci per la creazione di un cocktail.
Da cosa è caratterizzata la vostra drink list?
L’ultima drink list che abbiamo fatto si chiama Formae e trae ispirazione dalle forme del bar a livello figurativo, dalle porte al marmo del pavimento del Connaught, fino alla pelle delle nostre poltrone. Tutto questo crea delle sensazioni astratte che prendono appunto “forma” nella nostra nuova proposta. Il menù si articola in 3 sezioni: Equilibrium, che richiama appunto l’equilibrio fra forme e sapori; Paradigm, ispirato all’armonia che si stabilisce fra le forme architettoniche del bar e i suoi cocktail e, infine, Nebula che ci porta su una dimensione di irregolarità, quella della sperimentazione e della ricerca. Ogni capitolo segue uno schema ricorrente: cinque drink di cui uno analcolico. Il mio preferito è Voronoi, un drink rosa acceso, servito in una coppa pitturata, con tinta edibile, con pallini bianchi e rossi. L’effetto è stupefacente (Maura).
La vostra punta di diamante è il cocktail Martini, che particolarità ha il “Connaught Martini”?
The Connaught Martini distilla l’essenza del Connaught. La prima cosa a cui si pensa quando si parla di bar è al Cocktail Martini, un classico intramontabile, a cui abbiamo voluto rendere omaggio. L’intento era stimolare la curiosità della clientela e renderla partecipe. E così abbiamo creato una selezione di bitter aromatici per risaltare le botaniche del gin, o dare carattere a un Vodka Martini. Le essenze che proponiamo vanno dai semi di coriandolo, alla lavanda, fino al cardamomo nero affumicato e balsamico. Il più particolare, forse, è il nostro signature Dr. Ago, al ginseng e bergamotto. Si tratta di bitter studiati per il cliente. Sono tutti diversi, potremmo dire che ognuno può trovare da noi il proprio Cocktail Martini su misura. Un altro elemento importante del nostro Martini è il blend di vermouth che abbiamo fatto, un bouquet di aromi molto ampio, di conseguenza è versatile ma non blando; può sposarsi con tutti gli stili di gin, vodka e whisky.
Dietro ogni cocktail c’è sempre una storia, ci raccontate com’è nato “Oops I drop an olive”? Siete stati ispirati da Bottura?
È stato un errore geniale, anche se il drink non è nato per Bottura. La nostra relazione con Massimo era di pura ammirazione, nel tempo poi si è trasforma in amicizia. Il nome del cocktail è arrivato dopo, ma lui era nel nostro subconscio probabilmente. Stavamo provando delle infusioni con gli aghi di pino. Di solito facciamo dei testing, ogni tre ore, per vedere come evolve il prodotto, quella volta però abbiamo finito per dimenticarcene. Il giorno dopo “Giorgio arriva tutto gasato e mi dice odora qua, e gli dico ci hai messo dell’olio d’oliva dentro?” (Ago), finiamo per provarlo e sapeva effettivamente di olio, un’assurdità a pensarci: l’olio all’interno di un drink è quasi impossibile da usare perché non si miscela con gli altri ingredienti. Nasce così Oops I drop an olive, e quando Massimo è venuto a trovarci glielo abbiamo fatto provare raccontandogli tutta la storia, era estasiato. Tutto ciò si ricollega sempre a quel binomio di tecnica e parte emotiva che per noi è fondamentale.
Qual è il vostro distillato preferito?
Mezcal, senza dubbio. È una passione che ci unisce il mezcal, un prodotto di nicchia e ricco di valori genuini tangibili dai viaggi fatti da Ago: Mia moglie è messicana, spesso ho viaggiato in America Latina. Inizialmente bevevo tequila e ho capito, fin da subito, che era la distillazione dei valori messicani e non solo un modo per essere ebri. Successivamente ho conosciuto il mezcal che è un prodotto ancora più tradizionale. Le esperienze di Ago ci hanno fatto capire come proporre il prodotto, non potevamo certamente raccontare la sua storia ma coinvolgere sull’importanza dei valori, che racchiude questo distillato, è stata la chiave di lettura migliore.
Ago com’è nata la collaborazione “Martini Melody” con Davina Clarke?
Ritorna il fil rouge della fotografia che accompagna Ago da tutta la vita, l’amicizia nata con il celebre fotografo Alan Shaller gli dà la possibilità di conoscere Davina Clarke, moglie di Alan e violinista. L’anno scorso in una serata al Quo Vadis ha l’occasione di sentirla suonare e da lì nasce l’idea di unire una melodia classica al cocktail. La collaborazione Martini Melody combina due forme d’arte ancestrali che hanno la stessa finalità creare un’atmosfera accogliente e piacevole in chi ascolta e sorseggia il drink.
C’è differenza tra la mixology italiana e quella inglese?
Non è tanto la differenza Londra-Italia, perché le tecniche o le novità si possono imparare. La vera differenza la fa la clientela, in Italia non è pronta. Chi studia in Italia ha delle basi molto forti, ma Londra dà la possibilità di essere creativi. Abbiamo clienti che se non trovano novità al loro ritorno, ce le chiedono. L’Italia non è indietro, è semplicemente differente. Ecco, potremmo dire che la differenza è di tipo culturale, Londra è un bacino di culture che si mescolano tra loro, è un Paese di viaggiatori, potremmo dire “chi vive a Londra è figlio del mondo, non è londinese”.
Avete nuovi progetti in corso d’opera? Novità in arrivo?
Riapriamo le danze con Formae la drink list 2020 e continueremo a lavorare su quella nuova che è in costruzione. Stiamo lavorando al Connaught Bar’s Book, ma su questo non possiamo ancora esprimerci, ne sentirete parlare più in là. Non vediamo comunque l’ora di tornare a connetterci con i nostri clienti. Stiamo continuando a produrre i cocktail in bottiglia, progetto avviato durante il lockdown, in particolare venderemo nella galleria d’arte “Sacci”, una delle più prestigiose in Europa, un’edizione limitata di 100 box del nostro signature Number 11 con due bicchieri dipinti a mano, i fondi raccolti andranno in beneficienza agli artisti emergenti.
Qual è il cocktail che preferite?
Il cocktail per eccellenza che ci rappresenta è il Connaught Martini, ha un posto speciale nel nostro cuore. Non solo perché è l’emblema del Connaught, ma perché è un blend di ingredienti e noi tre siamo molto diversi per tante cose ma messi assieme siamo perfetti.
Clelia Mumolo