Fernando Pane, il direttore senza scrivania con la passione per la mixology.
La figura del direttore d’hotel negli anni, anche grazie –o a causa- del cinema ha preso le sembianze di una figura mitologica, metà uomo e metà scrivania, che deve fare le fortune della struttura ricettiva che gestisce vivendo per essa, al suo servizio.
Ma, se ad ogni regola appartiene un’eccezione in questa storia di sicuro vive a Firenze e cammina per le strade del capoluogo toscano nei passi di Fernando Pane, direttore del Sina Villa Medici, Autograph Collection.
Il direttore, Fernando Pane
Napoletano d’origine, Fernando Pane classe ’82, ha nel suo DNA l’hotellerie e l’accoglienza. Figlio di direttore d’albergo, inizialmente contrario a fargli seguire questa carriera come protocollo difensivo, comincia dapprima gli studi in economia aziendale all’università e, a 17 anni, decide di seguire la voce del suo cuore, partendo alla volta della Svizzera per la sua prima stagione come cameriere a St. Moritz. Sarà questo a segnare il percorso di vita che lo ha portato ad essere oggi il direttore del Sina Villa Medici.
Dopo le esperienze all’estero, trascorre 10 anni a Roma cambiando tre alberghi: Flora, Eden e Bernini Bristol. Il suo approdo in terra toscana è nella penisola dell’Argentario, qui lavora per sei anni al Pellicano del quale diventerà direttore. La voglia di gestire una struttura non stagionale lo porta poi a Firenze.
Qui ad essere esaltata dalla quotidianità è la sua maestria, mixata ad un valore umano tipico della self-identity della cultura napoletana.
Affamato di conoscenza, e affiancato da una squadra di professionisti in ogni ambito del hotellerie, riesce a gestire come un vero e proprio direttore d’orchestra ogni tassello. Coordinandolo alla perfezione e senza dimenticare il valore delle relazioni umane, spesso infatti si unisce ai clienti durante i loro aperitivi, da buon Negroni Lovers, per presentarsi o anche per una semplice chiacchierata, approfittando del momento in cui l’ospite si gode gli spazi comuni abbassando un po’ le difese.
Un direttore che è più un Giano bifronte, il dio degli inizi che si attarda sulla porta guardando al futuro e al passato insieme. L’eccezione che di solito conferma la regola, con la speranza che possa addirittura sovvertirla.
L’abbiamo intervistato per farci raccontare la sua figura, fra passato e futuro, con un faro sull’hotel che coordina con cura da marzo del 2021.
Il mondo dell’hotellerie di lusso, e in particolare la figura del direttore, risultano spesso nebulosi e poco chiari al grande pubblico. Tu come racconteresti la tua figura?
Partiamo da un concetto fondamentale: cos’è il lusso? Io dico sempre che il lusso è il tempo. Gli ospiti che viaggiano in strutture di un certo tipo sono abituate a servizi di alto livello, quindi la vera missione sta nell’arricchire il loro tempo con qualcosa che non potrebbero avere a casa loro e un ruolo chiave per farlo è rivestita dalle persone, dal loro atteggiamento e dalla loro empatica professionalità che può fare davvero la differenza. La figura del Direttore d’albergo la vedo, con le dovute proporzioni, come quella del Direttore d’orchestra che ha a che fare i migliori performers del settore (il team!) che vanno armonizzati e valorizzati come la migliore delle sinfonie!
Quali sono stati i principali cambiamenti subiti dalla tua figura? Quali credi saranno i prossimi?
Il lavoro del Direttore è ambivalente: da fuori si può percepire solo la parte glamour e ludica fatta di eventi, begli ambienti, viaggi e incontri stimolanti. Ma c’è un dietro le quinte, sempre per restare in ambito teatrale, dove è la fatica a far da maestra. Gli sforzi sono grandissimi, io sono più di 20 anni che lavoro duramente, tuttavia sono sempre affamato di conoscere e scoprire nuove cose, di mettermi in gioco, e questo allieva la fatica. Rispetto al passato penso che fortunatamente ci sia più spazio per emergere più in giovane età grazie ad un naturale rinnovamento del mondo dell’hotellerie di lusso e a strutture che, per filosofia, impostano la loro ospitalità con uno stile più friendly e informale – ma che non significa meno professionale! Non so prevedere quali potranno essere i prossimi cambiamenti, ma per quel che mi riguarda il mio motto è “felicemente insoddisfatto” e quindi mai mollare e mai perdere la fame di curiosità.
Da figlio d’arte prima, e da direttore ora, quale consiglio daresti a chi sogna di intraprendere questo percorso? Ti va di condividere con noi il più prezioso che hai ricevuto tu?
Il mio consiglio, sembra banale, ma è avere passione, dedizione e motivazione, proprio perché è il lavoro più bello del mondo ma di grandi sacrifici. Mio padre ha inizialmente ostacolato la mia ambizione ma segretamente voleva solo mettermi alla prova, vedere se avevo davvero la stoffa e la motivazione giusti. Quando ha constatato che effettivamente la mia spinta era la passione, e non l’emulazione per esempio, è diventato il mio primo fan. Forse proprio questo contrasto di mio padre è stato il consiglio, a posteriori, più prezioso. Io quindi invito i giovani a tentare, e a vedere cosa succede dentro di loro quando ci sono le difficoltà: è in quel momento, quando uno è tentato di mollare, che la passione vera e profonda si rivela… o non si rivela!
L’Hotel
Situato in un angolo tranquillo della città garantisce un “buen retiro” dalla calca turistica che affligge e impreziosisce la città gigliata, impreziosito dalla piscina privata all’aperto. Unicum in città. Snodato all’interno di un palazzo del diciannovesimo secolo, il Sina Villa Medici Autograph Collection condensa il lusso contemporaneo al fascino antico, impreziosito dal broccato d’oro alle pareti, creando un’atmosfera leggera che ricorda la bella stagione. Una vera e propria oasi nel cuore di Firenze capace di offrire un’ampia gamma di camere e suite, da quelle con vista sul rigoglioso giardino a quelle situate all’ultimo piano con vista mozzafiato sulla città, qui tonalità e sfumature si mescolano magistralmente in un intrigante gioco di colori e arredi, frutto di accurata selezione e coordinamento durante i lavori di ristrutturazione.
Il Sina Villa Medici, Autograph Collection, è un découpage di tonalità e sfumature che si mescolano in un gioco di colori e arredi. Come lo racconteresti a chi nemmeno riesce ad immaginarlo?
Se devo raccontare il Sina Villa Medici a qualcuno che non lo conosce direi: immagina un’oasi felice, un giardino rigoglioso con piscina custodito nel cuore di Firenze, caratteristica unica del centro storico. Gli esterni dialogano armoniosamente con gli interni che sono un perfetto match tra classico e contemporaneo, dove l’uno non sovrasta l’altro, anzi lo esalta: la tutela del passato con uno sguardo al presente, una filosofia di vita direi.
Il ristorante, l’Harry’s Bar
Quella dell’Harry's Bar con Firenze è una storia d’amore lunga più di settant’anni. Fondato nel 1953 questo marchio, grazie ad uno stile inimitabile, una gastronomia di altissimo livello e un servizio raffinato e di classe, ha accolto il jet set internazionale, contribuendo alla creazione della Dolce Vita fiorentina; ancorandosi l’etichetta di icona della tradizione dell’American Bar della città. Nel 2021 ha ripreso il suo percorso negli ambienti del Sina Villa Medici, portando con sé i piatti che ne hanno caratterizzato la storia oltre che agli iconici cocktail, mixati con mano sicura, proposti con un tocco di originalità nella presentazione.
L’Harry’s Bar, padre della Dolce Vita fiorentina, dal 2021 vive negli spazi del Sina Villa Medici, Autograph Collection. Come nasce questa storia d’amore e come sta evolvendo?
Sono successe tante cose nel 2021: in primis il mondo stava uscendo dalla pandemia, e tutto andava riorganizzato. Io sono arrivato qui a marzo di quell’anno, proprio quando si iniziata a parlare di un fidanzamento con Harry’s Bar. L’hotel voleva aprirsi alla città, far vivere i suoi bellissimi ambienti non solo ai turisti ma anche ai fiorentini, e il primo pensiero è stato di coinvolgere Harry’s Bar, luogo amatissimo e frequentatissimo dai cittadini. Dopo la chiusura della sede storica sul Lungarno adesso lo stile di Harry’s si può trovare solo qui in hotel, nel giardino a bordo piscina, in uno scenario davvero suggestivo e cosmopolita. Ormai è un matrimonio rodato, non poteva che essere così con due brand così fedeli al Made in Italy e a un certo tipo di accoglienza. Un’altra orchestra che funziona perfettamente.
Mettiamo che il mondo stesse per finire. Puoi salvare la ricetta di un cocktail e un distillato. Cosa lasci in eredità alle future generazioni?
Negroni, what else! Invece come distillato mi viene in mente il mezcal, ultimamente mi sono appassionato alla storia e ai procedimenti ad esso legati e trovo che sia davvero meritevole di passare alla storia e soprattutto al futuro.