Un’atmosfera suggestiva, tra cucina Peruviana-Nikkei e cocktails al pisco, avvolge la clientela del famosissimo Hotel Palazzo Dama tra ulivi e alberi di limone a bordo piscina.
Ciao Alessio, raccontaci un po’ il tuo percorso come si diventa bartender?
La mia formazione parte nel lontano 2001, un po’come tutti dopo il liceo inizio a fare la gavetta, posso dire di aver sempre ricoperto cariche operative nel settore, ho iniziato 8 anni fa con la direzione di un locale, nella zona di San Lorenzo qui a Roma, che si chiama The Apartament Bar. In seguito ho aperto i miei orizzonti, ho viaggiato e ho fatto esperienza all’estero fino ad arrivare dal famosissimo Baccano dove ho guidato il banco bar per 3 anni con il ruolo di Head Bartender che nel tempo si rivelato anche un impegno a livello manageriale. Poi dopo questo 2020 catastrofico mi sono fermato a pensare e ho deciso di cambiare qualcosa nella mia vita, così ho deciso di intraprendere una nuova strada.
Com’è stata l’esperienza da Baccano, cosa ti ha insegnato?
Il ristorante Baccano per me ha rappresentato una crescita professionale a 360˚, ho avuto modo di creare una fitta rete di contatti nel settore e migliorarmi. C’è stato uno scambio formativo da ambe le parti, cito anche Mario Farulla, per definizione il mio “compagno di banco”, con cui ho avuto modo di confrontarmi più volte e crescere assieme, malgrado le nostre strade ora si siano divise.
Che cos’è “Pacifico”?
Pacifico è un ristorante con 3 cocktail bar all’interno distribuiti in sale differenti. All’esterno gode di un dehors con piscina e potremmo definirlo con una parola come: un Fine Dining della vita romana. Di sicuro un punto di riferimento per la clientela per quanto riguarda l’ora dell’aperitivo e la cena. È un luogo di alto livello ma per tutti, Roma rappresenta un bacino immenso di realtà, pertanto al bancone è possibile trovare personaggi famosi ma anche il ragazzo di quartiere che viene a bersi lo Spritz in compagnia. A mio parere è un progetto molto ambizioso perché prevede la connessione di varie realtà che vanno da Roma a Milano, passando per Porto Cervo.
Ti occupi solo di Roma, o hai referenze anche nelle altre sedi?
Il mio ruolo all’interno di questa realtà super stimolante e quello di Bar Manager, dirigo in particolare la realtà di Roma e Milano. In questo momento storico vi direi che il mio focus principale è incentrato su Roma, la ripartenza è andata alla grande, collaboro con uno staff giovane, motivato e super dinamico, posso dirvi che mi aspetto grandi risultati da questa nuova esperienza. Lo stile richiama molto l’organizzazione dell’hospitality anglosassone, i ruoli sono ben definiti e ognuno ha la sua mansione. Sono convinto che anche in Italia possa funzionare questa modalità di lavoro e sono del tutto fiducioso. Fortunatamente ho uno staff eccezionale al mio fianco ci sono: Andrea Bernava, che è al mio fianco e si occupa del bancone durante le serate; Giammarco Saraino e Giordano Sprocati, a cui è stata affidata la stagione estiva a Porto Cervo.
Che differenza c’è tra il lavoro in un cocktail bar classico e il bancone di un hotel?
Sicuramente la gestione del lavoro è completamente differente. Tutto è pianificato e alla base di qualsiasi iniziativa c’è la comunicazione e il confronto, non si può non lavorare in squadra. Le proposte e idee sono ben accette ma senza una tabella di marcia non si va da nessuna parte. Capita che abbiamo eventi di aziende in diurna e ospiti dell’hotel che devono essere comunque sia seguiti, bisogna pertanto saper gestire il tutto senza trascurare nessuno. Creando un’armonia nell’atmosfera che possa far passare l’esperienza giusta ai nostri ospiti, interni o esterni che siano.
Qual è la tua proposta di miscelazione?
La mia proposta di miscelazione è sempre pratica e snella, ma in questa nuova esperienza ho dato ampio spazio al pisco in miscelazione. Ho una proposta signature fortemente influenzata dalle proposte di tapas da accompagnamento ai cocktail presenti del menù. La cucina fusion Nikkei dalle note peruviane si sposa in un connubio di sapori unici e delicati con i nostri signature a base di pisco.
Di cosa si compone la tua drink list?
La drink list si suddivide in maniera pratica con un occhio di riguardo sui classici. Sono presenti 4 sezioni che vanno da una selezione di Spritz e Bloody Mary per l’aperitivo, a una di Martini Cocktail e Signature dedicata al pre e post-dinner. Questi signature si presentano in cinque versioni differenti con un’unica cosa in comune: il pisco. Sono in particolar modo fiero è il Cheviche Negroni, la nostra rivisitazione del Negroni che si coniuga a livello di gusto con le marinature presenti nelle nostre proposte.
Proponici qualcosa da bere, cosa ci consiglieresti?
Un Cheviche Negroni dove la base alcolica del gin è stata sostituita con il pisco infuso con cheviche vegetale che dona quel sapore speziato e intrigante perfetto a mio parere con uno starter Tacos al salmone.
E infine, domanda di rito, qual è il tuo cocktail preferito?
Indubbiamente un Rob Roy, la versione del Manhattan con lo Scotch Whisky.
Clelia Mumolo