Ci sono pochi cocktail di cui si hanno dati certi sulla nascita e sul nome dell’inventore. Uno di questi è il Bellini, drink internazionale nato a Venezia negli anni ’40 e oggi conosciuto in tutto il mondo. Si prepara come un tempo, con Prosecco e purea di pesca bianca, oltre che nelle tante varianti nate nel frattempo.
La storia
Era il dopoguerra. Più precisamente il 1945, quando l’Harry’s Bar, iconico locale veneziano frequentato da celebrità dell’epoca, riaprì dopo il conflitto. Da subito, si servì agli ospiti un drink nuovo, la cui ricetta era tanto semplice quanto azzeccata: Prosecco e purea di pesca bianca. L’inventore fu Giuseppe Cipriani, colui che inaugurò l’insegna nel 1931, grazie al ritorno con interessi di un prestito fatto a un ragazzino americano di nome Harry Pickering, che alloggiava nell’albergo in cui lavorava. Il cocktail ebbe da subito un enorme successo a Venezia e poi anche all’estero, nei ristoranti italiani e nei locali di proprietà di Cipriani (dal 1985, a New York).
Il nome
Alcuni dicono sia stato un omaggio al compositore Vincenzo Bellini, ma in realtà il drink si chiama così in onore del pittore veneziano Giovanni Battista Bellini. Nel 1949 l’artista, anche conosciuto come il Giambellino, allestì una mostra a Venezia, a Palazzo Ducale. Giovanni Cipriani, appassionato d’arte come testimoniato anche dal carpaccio – che nacque poco dopo e il cui nome è un omaggio ai colori intensi dei quadri del pittore Vittore Carpaccio – visitò questa mostra e rimase stupito da un quadro. Il colore della toga di San Francesco era roseo, così come il Bellini, e da qui il nome.
La ricetta
La ricetta del drink è piuttosto semplice. Due sono gli ingredienti protagonisti, in proporzione di due terzi e un terzo. Si tratta rispettivamente del Prosecco, la bollicina veneta per eccellenza, e della purea di pesca bianca, ottenuta schiacciando la polpa del frutto e non frullandola. Il cocktail va servito in una flûte, per non disperdere l’effervescenza del vino, o ancora meglio nel bicchiere che Cipriani ideò per il cocktail, dalla forma cilindrica e allungata.
Può essere preparato solo da maggio a settembre e, come suggeriva Ruggero Caumo – il barman dell’Harry’s Bar – bisogna anche porre una particolare attenzione alla varietà del frutto da utilizzare. Ai tempi, “da metà maggio ai primi di giugno arrivano le prime pesche dalla Sicilia, le Springtime, profumatissime e poco polpose, che però forniscono un succo troppo chiaro”. Da qui la scelta di aggiungere dei frutti che potessero donare quella colorazione rosata finale, come il succo di lamponi o ciliegie. Da giugno a settembre, invece, la scelta ricadeva sulle qualità H6, triestina, e Paola.
Le varianti
Così come tanti cocktail internazionali, anche il Bellini si è prestato nella storia a numerose rivisitazioni, soprattutto grazie alla semplicità della ricetta. A essere sostituita è stata soprattutto la pesca bianca, con fragola (Rossini), arancia (Mimosa) e melagrana (Tintoretto). C’è anche un twist del Bellini, probabilmente il primo nella storia, che prevede l’utilizzo dello Champagne e del succo di mandarino. Si chiama Puccini e fu realizzato da Renato Hausmann all’Hotel Posta di Cortina d’Ampezzo (BL).
Poiché oggi sempre più persone non assumono alcool, la stessa azienda Cipriani ha messo a punto due ricette analcoliche, da acquistare sul sito: Virgin Bellini, con acqua minerale al posto del Prosecco, e Bellini Zero, con acqua, mosto d’uva, purea di pesca bianca e succo di pesca bianca concentrato. Come rimanere gli stessi anche con 80 anni di storia.