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Cachaça, una panoramica a 360° con Jimmy Bertazzoli

Jimmy Bertazzoli, appassionato e grande esperto della cachaça, inizia a fare le sue prime esperienze dietro al bancone un po’ per gioco. Col tempo cresce l’attenzione che riserva per la materia prima, e inizia a sviluppare una grande passione per la merceologia. Viaggia molto: dall’Africa al Brasile Caraibi, entra in contatto con le culture autoctone di questi paesi e coltiva una forte passione per i distillati di canna da zucchero a 360°, con un occhio di riguardo per la cachaça. Da sei anni gestisce un locale a Marina di Ravenna, l’Aguardiente, che incorpora a sé tutta la ricerca che ha portato avanti negli anni, vantando una delle più grandi collezioni d’Italia di rum con bottiglie provenienti direttamente dai Caraibi e dal Sud America.

Cachaça: cenni storici

La cachaça rappresenta in tutto per tutto il popolo brasiliano. Fa parte della serie di distillati provenienti dalla canna da zucchero, nella fattispecie dal succo vergine di canna. Ma com’è nata? “È nata quasi per caso, la produzione di cachaça è figlia del know-how della Bagaceira, distillato portoghese importato in Brasile negli anni della colonizzazione”, ci racconta Jimmy Bertazzoli. “Dal 1500 al 1800, la cachaça ha rappresentato la possibilità per i brasiliani, e in particolare per il ceto più povero, di arricchirsi tramite la sua produzione. Tuttavia, l’allora governo coloniale portoghese, per detenere il controllo del paese, più volte ne ha imposto l’interruzione, applicando diverse norme che si spingevano sino a proibirne la produzione e circolazione, o a tassarne tantissimo il prodotto. Nel 1822 il Brasile ottiene l’indipendenza, e la cachaça diviene un vero e proprio simbolo popolare”

Le caratteristiche della cachaça

La cachaça deve assestarsi a una gradazione alcolica tra i 38° e i 48° gradi alcolici (percentuale volume di alcool) e può avere un massimo di 6 grammi/litro di zucchero aggiunto, determinato dal disciplinare brasilano. Qualora si superino i 6 grammi/litro di zucchero (fino a un massimo di 30 grammi/litro), occorre indicare sull’etichetta la dicitura addolcita (adoçada). Il trademark della cachaça è dato dalla freschezza della canna da zucchero, che a sua volta conferisce al prodotto una grande intensità di profumi primari, grazia al succo vergine di canna, materia prima viva e pregiata. La tipologia della canna da zucchero, il tipo di terreno e l’esposizione del campo in cui è stata coltivata incidono molto sulla qualità del prodotto finale e sulle sue caratteristiche organolettiche.

Non a caso, spesso sulle bottiglie di cachaça viene indicata la famiglia della canna da zucchero utilizzata. Esistono produzioni di cachaça provenienti da canne da zucchero monovarietali e plurivarietali. La prima indica l’utilizzo di una sola tipologia di canna; la seconda, invece, prevede l’utilizzo di più tipologie. In Brasile sono presenti tantissimi tipi di canna da zucchero, si contano circa un’ottantina di tipologie, di cui diverse ibride, ossia figlie di un incrocio per far sì che divenissero più performanti in termini di zucchero e resistenti agli agenti atmosferici. Una tra le più utilizzate è la cosiddetta Java Bianca, simile per caratteristiche a quella che nei Caraibi andremo a chiamare Cristalline, canne pregiate.

Il processo di distillazione

Innanzitutto, il succo vergine di canna dopo essere stato estratto tramite la pressatura dalla canna da zucchero, viene addizionato di acqua per adeguarne la percentuale zuccherina; in seguito viene sottoposto a fermentazione, che non è mai volutamente troppo lunga, così da preservare i profumi originari della materia prima e del territorio. Una parentesi importante sul processo di fermentazione riguarda la scelta dei lieviti utilizzati. Si possono prediligere lieviti selezionati e standardizzati, come quelli della panificazione o dell’enologia, oppure lieviti che provengono autoctoni proveniente per esempio dalla stessa canna da zucchero, i quali amplificano ancor di più gli aromi della materia prima. Un’ulteriore modalità consiste nella fermentazione spontanea, il mosto viene lasciato all’aria aperta e si lascia che siano i batteri presenti nell’atmosfera a eseguire la fermentazione. In questo caso, non si avrà mai un prodotto standardizzato, poiché le condizioni atmosferiche e batteriche variano di continuo.

Terminato il processo di fermentazione si passa alla fase dell’alambicco. Una cachaça artigianale è sempre distillata in alambicchi discontinui, i cosiddetti Pot Still. L’alcool presente nel mosto, per effetto del calore evapora portando con sé gli elementi aromatici, e a seguito di un abbassamento della temperatura condensa ritornando a essere liquido. Tale processo di distillazione è artigianale, in quanto si ha il totale controllo della temperatura e del tempo in cui si distilla. Durante la fase di evaporazione, il master distiller può conferire il taglio del liquido che mira a ottenere, nel senso che può gestire la quantità di parte alcolica e la parte di componenti aromatici che caratterizzeranno il prodotto finale. I Pot Still sono detti alambicchi discontinui poiché, una volta terminato il processo di distillazione, occorre svuotarli, pulirli, rimettere il mosto al loro interno e ripetere il ciclo (anche se molto spesso vengono utilizzati Pot Still di concezione Charentaise che, grazie a uno scaldamosto, rendono il processo quasi continuo, senza cambiare le dinamiche di distillazione).

La cachaça, così come tutti i distillati, una volta terminato il processo di distillazione trascorre sempre un periodo di tempo dentro tank d’acciaio per renderla armonica, in quanto le molecole necessitano di legarsi tra loro. La durata del riposo può variare tra tre, sei, nove mesi, ma anche oltre l’anno. Dopodiché si può procedere o direttamente con l’imbottigliamento o facendo riposare il distillato in botti di legno. In quest’ultimo caso, si avrà una maggior evoluzione di sapori data non solo dall’invecchiamento ma anche dalla variabile della tipologia del legno utilizzato. Il Brasile vanta un’ampia selezione di legni, tra i più comuni come quello della quercia, detta Carvalho americano o francese, fino ai legni autoctoni come per esempio quello dell’Amburana, che conferiscono al prodotto un’aromaticità importante. Occorre puntualizzare che, per un distillato da succo vergine di canna, non si prediligono mai lunghi invecchiamenti, perché i profumi terziari dati dal legno tendono a coprire la freschezza della canna da zucchero.

Continua…

Photo Credits copertina: winedharma.com

Photo Credits articolo: Jimmy Bertazzoli

Redazione MT Magazine

Redazione MT Magazine

MT Magazine è una finestra sempre aggiornata sul mondo della miscelazione italiana e internazionale. Nata nel 2017, da un’idea di Laura Carello, il progetto ambiva a creare una guida circoscritta ai cocktail bar di Torino e Milano, in pochi anni poi si è ingrandita al punto tale da diventare un vero e proprio magazine di riferimento per il settore della mixology e gli appassionati di cocktail.

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