Abbiamo intervistato Giacomo Vezzo, salernitano d’origine ma cittadino del mondo, di stanza a Dubai da 10 anni dove è diventato Assistant Director Food e Beverage per il Grosvenor House Luxury Collection Hotel. Siamo partiti dagli albori della sua storia fino a scoprire il suo ultimo progetto, Mesö, cocktail bar di chiaro stampo latino che si inserisce in un contesto statico come vera e propria corrente liquida.
Come ogni storia che si rispetti io partirei dall’inizio. Cosa ti ha spinto ad entrare in contatto con questo mondo e quando hai capito che il tuo futuro potesse essere nel mondo del food e beverage?
Io nasco a Salerno dove ho lavorato fino ai miei 19 anni; poi è iniziato il mio giro per il mondo. Sono partito da Londra, come ogni buon italiano medio a contatto con l’hospitality –ride-, dove ho lavorato per un anno e mezzo. Tornato a casa mi sentivo un po’ stretto e sono partito di nuovo alla volta di Valencia per imparare lo spagnolo prima di spostarmi ad Ibiza. Ovviamente lì la stagione lavorativa è un po’ diversa, più lunga e più incentrata sul volume che sulla cocktelleria in sé. Poi mi sono spostato a Parigi, dove sono stato due anni, incontrando dapprima delle difficoltà linguistiche. Parlavo poco il francese, e quindi inizio a lavorare in un pub, dopo un po’ ho ricevuto una chiamata da parte del Buddha Bar e da lì è iniziata la nostra storia.
Come inizia il tuo percorso all’interno del Buddha Bar? Quando arriva Dubai?
Loro cercavano personale per la nuova apertura del Buddha Bar Hotel di Parigi, ormai 10 anni fa. Sono stato circa due anni con loro, fin quando non è nata in me la voglia percorrere altre strade. In quel momento Matthias Giraud, all’epoca Corporate Beverage Manager di tutto il complesso Buddha Bar -sostituito oggi da Francesco Galdi- mi apre alla possibilità di andare a Dubai come Head bartender del Siddartha Lounge by Buddha Bar, raccontandomi la città come il futuro. L’offerta mi ha affascinato al punto che a fine ottobre saranno 10 anni che mi sono trasferito.
Dal Roberto Virtuoso, istituto alberghiero di Salerno, fino alla città delle città, Dubai. Ci racconti com’è stato arrivare in una città così culturalmente diversa? Ci dai una tua lettura, ormai interna, di Dubai?
Guarda io parto col dirti che bisognerebbe abbattere il preconcetto stereotipato che dice “Dubai è finta”. Il turista è ovvio che si scontri con la modernità di una città come questa e le addita a finta. Ti faccio un esempio pratico, Roma no? Città storica, monumenti ecc.… ha 2000 anni di storia, Dubai ne ha 35. Da qualche parte bisognava pur iniziare. Iniziando dopo però è riuscita a sfruttare l’esperienza delle altre città per far si che tutto funzioni bene. Considera che nei miei 10 anni di permanenza l’ho vista cambiare tantissimo, la zona dove vivo ora prima era molto meno viva.
La religione poi, con i suoi tabù e regole, è allo stesso modo pregna di preconcetti. Ricordiamoci ad esempio che ubriacarsi e andare in giro per strada è reato anche a casa tua, non è che qua non lo devi fare per colpa della religione di questo popolo. Non so se rendo l’idea. Sicuramente sono più rigidi però in molti casi ben venga.
Oggi sei Assistent Director Food And Beverage per il Grosvenor House a Dubai qual è stato il percorso che ti ha portato qui?
Per fortuna siamo molto strutturati, ogni persona ha tanti collaboratori. Ogni ristorante ha il suo operation manager, restaurant manager, bar manager. Il nostro schema piramidale permette ad ognuno di avere le sue task, le sue mansioni. Chiaramente abbiamo dei progetti da seguire, degli obiettivi da raggiungere, facciamo riunioni operative, piani d’azione. Ogni realtà ha la sua idea di marketing specifica da seguire. E parliamo di un gruppo che a Dubai conta 12 ristoranti.
Mesö un viaggio gustativo alla scoperta dell’America Latina.
Accolti da un ambiente curato nel dettaglio, contraddistinto da un aranciato stimolante, si ha subito l’impressione di star per prendere parte a un viaggio. L’ingresso è caratterizzato dall’articolata bottigliera che fa da Agorà di questo locale, costantemente presidiata da Ivan e Andrea – soci e titolari insieme a Giacomo-.
Una volta accomodati, mentre si viene catturati da un vorticoso gioco di specchi in mezzo a quali spicca un ritratto di Frida Calo, inizia il viaggio verso il Messico e tutto il sud America con un ottimo guacamole preparato al momento direttamente al tavolo assecondando i gusti dei commensali con 4 versioni proposte, ottimo quello con bacon, ananas e salsa kimchi.
Il menù è un vero e proprio ponte fra le culture, si va dai taco – interessante la proposta vegana con avocado in tempura- al freschissimo ceviche, passando per l’empanada, la quesadilla. Senza dimenticare piatti più vicini culturalmente come la tagliata di manzo o la rivisitazione di polpo e patate.
Controbatte a una lunga e internazionale carta dei vini una signature drink list di chiarissimo stampo latino, equilibrata e capace di accompagnare, ed esaltare, con successo tutto il menù. Da assaggiare il MESÖ Fruit Punch con Campari infuso alla banana, Bourbon Evan Williams, cordiale al frutto della passione, porto bianco Amavel Cost e Cream soda. Oltre ai signature 0.0, chiudono il menù una vasta selezione di gin, whiskey, tequila, mezcal, agave spirits, rum, cognac e pisco.
Entriamo un po’ nello specifico. Ci racconti il tuo ultimo progetto a Salerno Mesö? Da dove arriva questa passione per il mondo latino?
Mesö nasce da una chiamata durante il covid da parte di Ivan, uno dei tre soci. Lui lavorava in un ristorante salernitano e sognava di aprire un locale. Io cercavo anche una “scusa” per tornare una volta all’anno a Salerno e quindi lo appoggio fin da subito. Partiamo dallo studiare i trend della città, e una volta escluse le realtà classiche, ristorante, caffetterie, pizzerie ci rendiamo conto che come cucina etnica l’offerta ricadeva principalmente nel sushi bar. Da lì abbiamo iniziato a lavorare al format. Mesö sta per Mesoamerica, i due punti sulla ö simboleggia un due ed e un riferimento alla numerologia Azteca che utilizzava linee e punti. Mesö sta per centro tra culture sud americane e centro America, con l’intenzione di attirare il pubblico, di base molto abitudinario che però inizia ad aprirsi alla novità, su un format nuovo provando a fargli apprezzare qualcosa che crede diverso e lontano dal suo gusto ma che di sicuro lo sorprenderà.
La tua impronta al Mesö?
Essendo io quello “lontano”, -ride- ho meno presenti i gusti del pubblico di Salerno, mentre Ivan e Andrea riescono a toccare con mano il mercato di riferimento. Abbiamo messo insieme le nostre idee, ognuno di noi ha lavorato a tre proposte, in modo da vedere la risposta della clientela e regolarsi di conseguenza. Uno dei miei cocktail è la Pina Colada Clarificata. Abbiamo diversificato tanto l’offerta; i ragazzi sono molto bravi nella cocktelleria e riescono a curare bene tutte le preparazioni per un menù che viene aggiustato ogni 2 mesi a seconda della richiesta e che si modifica completamente ogni 6.
A chi sogna di entrare in questo mondo che consiglio daresti? E qual è stato il più prezioso per te?
Positività, bisogna essere positivi. Svegliarsi la mattina, affrontare il giorno che arriva e non subirlo. Affrontare la vita con entusiasmo, io ad esempio mi alleno prima di andare a lavoro. Ho generato una mia routine che mi rende felice. Per il mondo del lavoro ti dico, tolleranza rispetto e ascoltare molto. Spesso non c’è bisogno di parlare. Non serve parlare tanto, basta parlare giusto e ascoltare i bisogni di tutti.
Ultima domanda, mettiamo che domani finisse il mondo. Salva un distillato e la ricetta di un cocktail per le generazioni future.
Distillato ti dico sicuramente il Tequila che nonostante sia un White Spirit ha corpo. Il gin è complessità della botanica, ma il Tequila è il Tequila. Come bartender dovrei dirti il Negroni, risultando forse scontato ma, se proprio deve finire il mondo mi metto comodo. Occhiali da sole, costume da bagno e un Paloma stretto nella mia mano.