Simone Corsini, nato a Carrara nel 1994, vanta una carriera costellata di successi – nazionali ed internazionali-. Oggi, dopo un lungo viaggio fatto di esperienze di livello, è il Bar Manager del Piccolo, cocktail Bar del ristorante due stelle Michelin Piccolo Principe; immerso nella splendida cornice del Grand Hotel Principe di Piemonte – 5 stelle lusso – di Viareggio. Nell’anno dei trenta, forse già da qualche tempo, è da considerare uno dei nuovi Leader della Mixology, come attestato anche dal premio – assegnato dal Gambero Rosso- per la miglior proposta di bere miscelato d’Italia.
Ciao Simone, come ogni storia che si rispetti io partirei dall’inizio. Cosa ti ha spinto ad entrare in contatto con questo mondo e quando hai capito che il tuo futuro poteva essere nella mixology?
La mia storia parte, in modo molto canonico, dall’alberghiero. Scelto perché, quando ero piccolo, mio zio faceva il barman; a me piaceva tanto andare a trovarlo, vederlo lavorare, shakerare ecc. Per me era un personaggio fantastico, seduto a quel bancone sembrava di assistere ad un One man show. Dopo l’alberghiero ho proseguito la mia formazione, sono arrivate le prime vittorie alle competizioni per barman a livello nazionale che alimentavano la mia voglia di studiare e di conoscere sempre più questo mondo.
Dopo la scuola?
Finita la scuola sono stato un anno in Val d’Aosta, 6 mesi all’Hotel Cristallo e 6 mesi alla locanda Bellevue a Courmayeur. Li ho avuto modo di apprendere tante cose importanti e di appassionarmi completamente alla cultura valdostana, un esempio è la Coppa dell’Amicizia che mi ha fatto vincere The Vero Bartender Italia 2022 di Montenegro. Dopo un’esperienza a Forte dei Marmi sono volato in Inghilterra dove ho avuto modo, non solo di apprendere la lingua, ma di conoscere il mondo dietro il banco; fatto di preparazioni all’avanguardia per l’epoca in cui parliamo. 10 anni fa loro facevano già cose che solo adesso stanno prendendo piede in Italia negli ultimi anni.
Il Grand Hotel Principe di Piemonte
Il Grand Hotel Principe di Piemonte, icona della Versilia autentica, combina una storia ultra centenaria con una costante evoluzione. Cinque stelle lusso, membro di The Leading Hotels of the World, si distingue lungo il litorale per la sua elegante architettura Liberty figlia della gloriosa tradizione di fine Ottocento. Cinque piani, 80 camere di cui 32 suite, salotti comuni e salette più intime, tutto il complesso ha recentemente subito un’opera di restyling – in occasione del centenario –ridefinendo lo stile della struttura senza mutarne l’identità.
Oggi sei il Bar Manager del Bar del Piccolo, immerso in un Hotel 5 stelle lusso, con ristorante due stelle Michelin qual è stato il percorso che ti ha portato qui?
Dopo le tante esperienze mi sono ritrovato a lavorare, dal 2016, per 7 anni al Four Season di Firenze diventando senior Bartender dell’Atrium Bar. Nel 2023 mi è arrivata una chiamata da Davide Macaluso, attuale Food e Beverage director del Hotel. Non ci conoscevamo personalmente ma avevamo amicizie in comune, abbiamo fin da subito avuto una buona intesa sulla strada da perseguire. Un progetto ampio, che mi ha consentito di avvicinarmi a casa, ambizioso e di assoluto livello, prendendomi delle responsabilità come Bar Manager.
Il Piccolo Principe, 2 stelle Michelin.
Al piano terra del Grand Hotel Principe di Piemonte, il ristorante Il Piccolo Principe è un’eccellenza della Versilia sin dai primi anni 2000. Diretto da 18 anni dallo chef Giuseppe Mancino, che ha ottenuto due stelle Michelin (nel 2008 la prima e nel 2014 la seconda, tuttora mantenute). Mancino è stato uno dei primi chef italiani a portare il concetto di ristorazione d’albergo ai massimi livelli, partendo dalle specificità del proprio territorio. In continua evoluzione, per aggiornare non solo l’estetica del piatto ma anche l’accostamento dei sapori e le consistenze, la cucina de Il Piccolo Principe mostra passione per la ricerca e rispetto per la materia prima. Uno studio costante che non si ferma mai.
Ci racconti il primo incontro con lo chef Giuseppe Mancino? Come strutturate il vostro pairing?
Con lo chef Mancino fin da subito c’è stato tanto rispetto reciproco. Ritrovarsi a lavorare con uno chef che sono 10 anni che ha due stelle Michelin ha sicuramente alzato la mia ambizione, spronandomi a fare sempre meglio. Noi non facciamo tantissimo pairing, o meglio non lo forziamo o cerchiamo, nasce da solo. In alcuni casi abbiamo lavorato in una vera e propria economia circolare; ricordo un cocktail in particolare a base di birra senza glutine, aromatizzato al carciofo con gli scarti dello chef che aveva reso l’ortaggio protagonista del piatto. C’è tanto interscambio, il nostro pairing nasce dall’unione dei due mondi che si ritrovavano a tavola, con tante piccole preparazioni che ci uniscono nel profondo.
Il Bar del Piccolo
Sempre al piano terra, durante la stagione più fredda – in estate si sposta al rooftop dell’ultimo piano-, il Bar del Piccolo completa l’offerta food & beverage del Grand Hotel Principe di Piemonte. In un ambiente illuminato da specchi e grandi vetrate, il bar è concepito come un fulcro attorno al quale ruota la giornata dell’hotel.
Ci racconti i primi periodi al Piccolo e il lavoro svolto per dare al tutto la tua impronta?
Fin da quando sono entrato la mia idea era quella di valorizzare ciò che già era l’hotel e infatti la mia prima drink list era tutta incentrata su questo aspetto. La 101 era un vero e proprio omaggio al posto in cui lavoravo, in pieno stile liberty che caratterizza la nostra struttura, sia fuori che dentro. Valorizzando le varie sale con un percorso di una donna attraverso esse, ricreando un cocktail per ogni sala.
Entriamo un po’ nello specifico, ci parli dell’ultima cocktail list, la 102?
La “102 Oltre” nasce innanzitutto dalla nostra voglia di dare sempre un concetto a ciò che si fa. Per me la cocktail list è la carta d’identità del bar, quello che vuoi raccontare e se la 101 raccontava il nostro Hotel in questo caso siamo partiti dalla città che ospita la nostra struttura. Per cosa è conosciuta Viareggio nel mondo? Il Carnevale; però non volevamo che restasse legata solo a quello e quindi abbiamo creato un qualcosa che espandendosi diventasse un messaggio sociale. In passato avevamo collaborato con l’AIPD Versilia (Associazione Italiana Persone Down) e abbiamo chiesto a loro di raccontarci delle storie. I ragazzi ci hanno scritto una lettera intitolata proprio Oltre che diceva di guardare oltre i loro tratti somatici che porta il mondo a definirli tutti uguali perché non lo sono. Il risultato è una box con all’interno 9 maschere, ispirate ai nove ragazzi, e pensate per rispecchiare il carattere e la passione di ogni singolo ragazzo presente all’interno; così come i cocktail, caratterizzati sul ragazzo da cui prende il nome.
Come ha reagito il pubblico a questa cocktail list, quantomeno inusuale nella forma?
Il riscontro è stato ottimo, è piaciuto molto alle persone. Aldilà della “genialità” della cocktail list fisica, la storia dietro ha colpito tutti. Poi sai, la nostra realtà ti dà la possibilità di dedicarti molto al cliente per fargliela comprendere a pieno. La 101 era un libricino, più facile da capire; in questo caso abbiamo bisogno di quel attimo in più per far partire il viaggio e far passare la nostra idea. Questo tempo ci permette di mettere al centro il protagonista fondamentale di un bar, il cliente. Bisogna un attimo abbandonare l’ego personale e mettersi al servizio del cliente; il cocktail per me è solo il 30% dell’esperienza.
Ci racconti qualche signature in particolare? Magari proprio il 102?
Scegliere sarebbe difficile, io sono molto legato ai cocktail che partono dallo studio dei classici prima di essere rivisitati in chiave moderna. Il 102 è un negroni, forse il cocktail più venduto al mondo. Siamo partiti da Vecchia Romagna 3 botti e Select Bitter infusi per 12 giorni dopo aver subito uno stress termico -12h a caldo e 12 ore a freddo- con il cocco. Una volta filtrato lo uniamo al Chazalettes Vermouth rosso di Torino in purezza. Dopo di che aggiungiamo una tintura alcolica al caffè che segue più o meno lo stesso procedimento di prima e quindi alcol puro che subisce stress termico con il caffè. Cocco e caffè non sono casuali, con il primo volevamo ricreare la delicatezza e la dolcezza dei ragazzi, il secondo è da sempre sinonimo di sveglia, nel nostro caso una sveglia sociale.
A chi sogna di entrare in questo mondo che consiglio daresti? E qual è stato il più prezioso per te?
Studiare ed essere curiosi. Ormai si affronta questo mondo con l’errata consapevolezza che basta aver fatto un corso per sapere tutto ciò che serve ma non è assolutamente così. Per chi si approccia al bar è importante conoscere la storia prima di pensare ad un bar futuro. Poi è la passione a fare il resto, senza passione non vai da nessuna; qui come ti svegli la mattina e hai 50 prodotti nuovi, se non hai la passione di informarti li hai persi.
Progetti e programmi per il futuro prossimo e no?
Non posso sbilanciarmi troppo, ovviamente, – ride-. Ti posso dire che è già in programma la 103 che segue il nostro corso. Dopo l’Hotel e Viareggio probabilmente sarà legato alla Toscana. Non ci discosteremo troppo.
Ultima domanda, mettiamo che domani finisse il mondo. Salva un distillato e la ricetta di un cocktail per le generazioni future.
Oddio questa non me la aspettavo- ride- a primo acchito t’avrei detto il Gin, ma in questo mondo ne abbiamo talmente tanti che forse non te lo farei salvare – ride-. Pensandoci, patriotticamente, salverei la Grappa. Un prodotto poco valorizzato, immagina se fosse nata in Francia, sarebbe uno dei prodotti più famosi al mondo. Come cocktail non posso non salvare il Tommy ’s Margarita, anche se non c’entra niente con la grappa, ma è il mio preferito – ride-.