Quella di Marco Anselmi, marchigiano classe ’91, è una storia fatta di ostacoli superati e di sfide avvincenti. Oggi è lo chef di Osmo Cucina, nuova insegna della piazza fiorentina, ospitata negli ambienti del Floren Luxury Hotel.
Con una proposta che affonda le sue radici nella solidità tecnica, piatti che non seguono strade già battute e forti richiami internazionali, quella di Anselmi è una delle realtà più interessanti in città. Siamo andati a conoscerlo meglio.
Ciao Marco, come ogni storia che si rispetti io partirei dall’inizio. Cosa ti ha spinto ad entrare in contatto con questo mondo e quando hai capito che il tuo futuro poteva essere in doppio petto bianco?
Mi sono avvicinato a questo mondo da bambino, aiutando mia nonna a preparare la pasta fresca, una tradizione che ho portato con me in cucina. Ho seguito poi le orme di mia sorella iscrivendomi all’istituto alberghiero di Senigallia, uno dei migliori delle Marche.
Lì ho avuto opportunità importanti, come uno stage a Granada, e, successivamente, un’esperienza in America. Tornato in Italia ho lavorato al Passetto di Ancona prima di seguire il mio desiderio di estero, trasferendomi a Lisbona con un biglietto di sola andata e finendo a lavorare con lo chef Chakall. La mia avventura però è stata interrotta dal morbo di Crohn, una sfida che ha influito sul mio percorso ma che non mi ha mai fermato.
E dopo il tuo ritorno in Italia?
Una volta ristabilitomi sono approdato alla corte di Uliassi e proprio lui mi mandò a Barcellona da Martin Berasategui, dove ho iniziato da stagista, e poi ho accettato l’offerta del ristorante Oria. Anche in quella situazione la mia malattia si è fatta sentire e mi hanno dovuto operare d’urgenza. A 26 anni, dopo 10 anni di lavoro, il mio medico mi disse che dovevo scegliere se continuare con questo stile di vita o vivere.
Così dopo altri 5 mesi in Spagna tornai in Italia con l’idea di cercare qualcosa di più tranquillo e di lanciarmi nel mondo della panificazione. Mi sono trasferito a Firenze proprio per cercare una realtà “di pane” interessante con poco successo, e proprio lì ho conosciuto Beatrice Segoni, chef del Konnubio, di cui sono diventato il braccio destro. Abbiamo lavorato spalla a spalla per 6 anni, e nel 2020 lei decise di lasciarmi le redini quando partì per Dubai. Sono arrivati i riconoscimenti dalle maggiori guide, dalla Michelin al Gambero Rosso ma, come tutte le cose, anche quella esperienza ha avuto un inizio e una fine; e sempre della stessa proprietà c’era questo progetto, Osmo Cucina che ho sposato fin dall’inizio.
Il Floren Luxury Hotel e Osmo Cucina.
La sua presenza non è passata inosservata ai fiorentini, perché in quel tratto di via Panzani, lungo la strada che dalla stazione di Santa Maria Novella porta al Duomo, fino a qualche anno fa sorgeva lo storico hotel Bonciani. Adesso lo stabile ritrova la sua funzione ricettiva, con la nascita dell’albergo a 5 stelle Floren Luxury Hotel– boutique hotel 5 stelle lusso, nato dalla completa ristrutturazione dello storico Palazzo Pitti Broccardi-, e lo impreziosisce con l’aggiunta di una strutturata proposta gastronomica con l’apertura del ristorante Osmo Cucina. La scelta del nome ovviamente non è un caso, in greco infatti significa “olfatto”, “profumo”, anticipando così una delle caratteristiche dei piatti della brigata di Anselmi. Alla sala di Osmo Cucina si accede attraverso la reception dell’hotel o lungo il pop-up di gelateria griffato Badiani. Con i suoi 35 coperti in un’unica sala, il ristorante è dominato dal colore verde, puntellato alle pareti da piante, libri e pezzi di artigianato artistico. Un’altra parete è invece occupata dal cocktail bar, affidato a Carmine Iuliano, mentre il servizio è curato dal food & beverage manager Domenico Napolitano, altro nome noto sulla piazza fiorentina.
Ci racconti i primi periodi da Osmo Cucina e il lavoro svolto per dargli la tua impronta?
Considera che c’è stata una ristrutturazione lunga due anni, una pianificazione della cucina da zero, creandola proprio a mia immagine e somiglianza –ride-.
Il progetto Osmo Cucina nasce già dal nome, che viene dal greco e vuol dire profumo. Per me senza profumo il cibo non è niente, e quindi da qui Osmo Cucina, il profumo della cucina. Io credo fortemente nella cucina di sostanza, si molto cosmopolita, ma che tocca tutta la penisola provando a valorizzare ciò che offre madre natura e per questo il menu cambia infatti ogni tre mesi.

Più che la mia impronta, Osmo è il risultato di una squadra che si muove compatta e ascolta ogni membro. Siamo partiti dalla città che ci ospita, e quindi da Firenze, con il suo carico di turisti, per questo l’offerta è molto variegata. A pranzo abbiamo optato per un light lunch, con proposte internazionali sì, ma fatte a regola d’arte. Per la cena invece la proposta è più incentrata sulla penisola come preparazioni pur consegnando ai nostri commensali dei sapori esteri. Insomma, territoriale con delle incursioni internazionali, come la mia brigata. Quella di Osmo è una cucina di scambio, di dare e avere con tutti i ragazzi che hanno lavorato con me e che continueranno a lavorare.
La proposta
Quella di Marco per Osmo Cucina è un’offerta che fa della tecnica il suo punto forte. Particolare attenzione viene dedicata alla lavorazione dei vegetali esaltate nel percorso di degustazione denominato Erbivoro che si apre con una bistecca di cavolfiore glassato, finocchio al mascarpone, cappero caramellato e aglio nero. Da assaggiare il seitan di zucca ai carboni con chutney di dattero piccante, castagne e insalatina di germogli.

Il punto forte della sua cucina affonda le radici nella sua tradizione familiare: la pasta fresca. Fra i primi troviamo infatti i piatti più interessanti come il doppio plin, uno nero al cacao e uno classico 30 tuorli, con zucca dolce, cicorietta, siero di latte e amaretto salato; o ancora il bottone al Brodetto liquido di pesce- preparazione tipica dell’anconetano realizzata con l’utilizzo di 14 pesci diversi- condito con acqua di polpo, crudo di crostaceo e tamarindo.
Nel secondo, ed ultimo, menu degustazione ritroviamo quello che si sta affermando come signature dello chef: una linguina al jus di cacciatora, peperone affumicato, cremoso di fegatino e olio al rosmarino; da non perdere.

Com’è il rapporto con la proposta bar di Carmine Iuliano? Come nasce la vostra idea di Pairing?
Ho conosciuto Carmine da Osmo Cucina, e fin da subito ci siamo ritrovati sulla stessa lunghezza d’onda non solo a livello professionale ma anche e soprattutto a livello umano, lui è davvero in gamba. Nelle sue idee ritrovo tantissime delle mie convinzioni che lui però spinge sul lato cocktail. Quello che più mi piace fra di noi è che c’è molto confronto, fatto di idee condivise, di pareri e di consigli dati dalle esperienze che abbiamo maturato prima di conoscerci.
Da qualche mese abbiamo iniziato ad ospitare, due volte al mese, un bartender della città. Sia l’ospite che Carmine propongono due signature a testa e noi in cucina ci divertiamo a creare gli abbinamenti che riteniamo più adatti. Un progetto fortemente voluto per aprire le porte del nostro hotel non solo ai nostri ospiti ma soprattutto ai fiorentini; pubblico ancora restio alla vita d’hotel.
A chi sogna di entrare in questo mondo che consiglio daresti? E qual è stato il più prezioso per te?
Il consiglio più prezioso l’ho ricevuto da Andrea Ribaldone, quando ho lavorato con lui prima di iniziare il mio percorso con Uliassi, solo 10 giorni ma che ricordo sempre con grande piacere.
Lui mi disse di ascoltare di più, di non tendere a giustificare una cosa non andata bene. C’è un problema? Cerca una soluzione, non una giustificazione. Per ridurlo in due parole? Problem Solving, inutile puntare il dito. Siamo essere umani, è normale sbagliare. A chi sogna di entrare in questo mondo dico di avere pazienza, di non credere di essere pronti subito, e di non arrendersi al marcio che c’è in questo mondo.
Quando esci dalla scuola non sei pronto, devi avere pazienza, il mestiere è duro e nessuno può essere pronto. Questo è un mestiere difficile, fatto di sacrificio e di pericoli spesso nascosti, ma l’unica soluzione per sopravvivere è far sì che il mestiere ti cresca dentro ogni giorno.
Ultima domanda, mettiamo che domani finisse il mondo. Salva un distillato e la ricetta di un cocktail per le generazioni future.
Madonna che responsabilità, – ride- salvo il whisky sicuro e come cocktail un whisky sour molto dolce, in alternativa un Milano Torino, così salviamo altri due prodotti e freghiamo il sistema – ride-.