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Riccardo Speranza e House Of Ronin, un percorso nella miscelazione asiatica

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Riccardo Speranza ci racconta il suo percorso e ci accompagna dietro i banconi di House Of Ronin, tempio sacro della miscelazione di stampo asiatico

Ciao Riccardo, facciamo due chiacchiere sul tuo percorso professionale: quali sono le tue esperienze nel mondo dell’ospitalità?

Inizio a lavorare molto presto come cameriere nei ristoranti. Nel mio lavoro mi distinguevo, tanto da diventare uno dei più giovani Chef de Rang all’’Hotel Excelsior, a Roma. In quel periodo mi appassiono al mondo della miscelazione, e partecipo a un corso presso la Flair Bartender’s School. Dopodiché, inizio a lavorare come bartender in un cocktail bar a Campo de’ Fiori, continuo a maturare ulteriore esperienza in altri locali, fino a che il mio percorso professionale per un periodo mi porta a occuparmi di Discoteche ed eventistica. Il passo successivo coincide con il mondo delle start up rendendo cosi uno dei miei difetti il mio miglior pregio: la continua ricerca di innovazione e stimoli.

Com’è nata e come si è sviluppata la collaborazione con House Of Ronin?

L’opportunità di collaborare al progetto si è palesata durante il periodo di pandemia, a seguito di una telefonata con Federico Ottone, General Manager di Pacifico, il quale ricercava una persona che si occupasse di elaborare dei concept per i diversi cocktail bar del nuovo locale. Tuttavia, i tempi per iniziare a collaborare attivamente al progetto si sono dilatati, e nel frattempo mi è stato offerto di ricoprire il ruolo di bar manager dei ristoranti Pacifico, anch’essi facenti capo al gruppo imprenditoriale Salva Tu Alma. Per House of Ronin curo tutto ciò che riguarda il beverage, escluso il vino. Una menzione speciale va fatta al mio secondo, Valerio Sordi, head bartender di Ronin: è lui che ascolta e interpreta le mie idee di miscelazione, e fa in modo di riproporle all’interno dei cocktail, detto cosi suona semplice ma vi vorrei vedere a darmi retta quando parlo di poesia e parabole iconografiche. Valerio Sordi si sdoppia tra il bancone del Madame Cheng’s e dell’Arcade insieme al resto dello staff; al bar del Robata è presente il bartender Daniele Molaro, mentre all’Izakaya ovvero il Piccolo Ronin troviamo Giancarlo Lanta, con un trascorso al Tenoha Milano, insieme a Caterina Gu.

Come si compone la tua proposta di miscelazione?

Il Ronin si snoda su quattro piani, in ognuno è presente un cocktail bar dal concept e dalla proposta di miscelazione diversa; la sfida più difficile è stata dover preparare cinque menù con circa 90 preparazioni diverse. Il cliente non avrà mai lo stesso distillato, lo stesso drink e lo stesso servizio uguale in ogni piano. Al piano terra, all’Izakaya il Piccolo Ronin, abbiamo un cocktail bar di stampo street, dove serviamo tutti twist on classic di alto consumo, grandi classici di tendenza rivisitati con una nota asiatica e giapponese. Uno dei drink che va per la maggiore è la nostra versione del Campari Shakerato, che è un po’ il simbolo di Milano: abbiamo ridistillato del gin aromatizzandolo al wasabi per dargli molta aromatizzazione ed un leggero kick alcolico e l’abbiamo unito al Campari ed un bitter agli agrumi. Per quanto riguarda il cocktail bar del Robata, abbiamo una selezione di drink che si rifanno al periodo che va dalla fine dell’800 sino al post-proibizionismo. La proposta di miscelazione vira sull’old school, e la tecnica predominante è quella Stir. Al secondo piano, al cocktail bar del Madame Cheng’s, la miscelazione è totalmente asiatica, non utilizziamo agavi, scotch, bourbon, ma solo prodotti e distillati provenienti dall’Asia: gin giapponese, vodka giapponese, whisky prodotto dal Vietnam, in India, in Giappone fino all’Australia e i classici distillati asiatici come il Baijiu (un’acquavite cinese), l’Awamori (un distilato con riso e grano giapponese), il Sake ecc. Infine, all’Arcade la nostra proposta di miscelazione si ispira al periodo tardo-coloniale inglese mantenendo sempre la classica nota asiatica. Il bar dell’Arcade è il regno dei distillati internazionali. Per quanto riguarda la proposta di miscelazione a base di sake, abbiamo un’offerta di drink in ogni cocktail bar del Ronin. Per esempio, all’Izakaya il Piccolo Ronin, il cliente può farsi servire il nostro Negroni della casa, con Bitter, Hatsumago Densho, Gin Hojicha Tea e Umami Bitter, mentre al cocktail bar dell’Arcade, uno dei cocktail a base di Sake è il Seinen, fatto con Daiginjo, Rosa Hibiscus e Crisantemo. Per ampliare le mie conoscenze ho chiesto espressamente una conlabborazione insieme a Sake Company dove ho seguito anche un corso per divenire Sake sommelier.

Come hai realizzato le drink list?

Tutto è nato da un libro, anzi da una parola… amae. Vi chiederete cosa significa? Significa equilibrio, tra noi stessi e gli altri; tra essere indipendente e dipendente, tra essere legato a qualcuno e ignorarlo, tra avere troppa o troppo poca intimità. Ognuno di noi trascorre la propria vita cercando il giusto grado di amae. È una parola partorita dalla mente di Takeo Doi, e si riferisce al comportamento di una persona che cerca di indurne un’altra a prendersi cura di lei (un po’ come fanno tutti i clienti del mondo). Da qui è cominciato il viaggio tra i banconi di Ronin

Come si compongono le drink list?

Abbiamo quattro menù, uno per ogni piano. All’Izakaya del Piccolo Ronin, la drink list è suddivisa in tre sezioni: Tè, Frutti, Sozay; quest’ultima si riferisce ai prodotti della terra, come il timo o il wasabi. Al Robata è presente una selezione di otto drink, grandi classici come il Martini e il Negroni rivisitati sempre in chiave giapponese. Al cocktail bar del Madame Cheng’s la drink list attuale si basa sulle rotte commerciali della pirateria di Madame Cheng, la più grande pirata asiatica, e tutti i nomi dei drink si ispirano ai nomi dei porti che ha solcato, delle sue tratte e dei suoi viaggi. La drink list al bar dell’Arcade, invece, si basa su quattro aree tematiche: l’arte, la musica, la politica e la religione. Le prossime drink list verranno presentate a settembre, mentre dall’anno prossimo prevediamo di cambiarle ogni quattro mesi, per un totale di 16 drink list ogni anno.

Quali sono le impressioni del pubblico rispetto alla vostra personale proposta di miscelazione rivisitata in chiave asiatica?

Stiamo ricevendo degli ottimi feedback e delle critiche da parte dei nostri clienti, com’è giusto che sia. All’Izakaya, per esempio, che si configura come un cocktail bar con un pubblico molto friendly, abbiamo presentato i drink con dei nomi molto semplici, che ricordassero un sapore famigliare nonostante siano caratterizzati da una nota diversa a livello gustativo. Non abbiamo destrutturato i cocktail a tal punto da renderli irriconoscibili ai nostri clienti. Piuttosto, il nostro focus è stato quello di prenderli per mano e accompagnarli verso un nuovo viaggio all’insegna dell’oriente. Il cocktail bar che sta riscontrando maggior successo è quello al Madame Cheng’s: essendo qui la miscelazione totalmente di stampo asiatico, le persone si recano appositamente per fare un’esperienza nuova e assaggiare qualcosa che normalmente non avrebbero l’opportunità di assaggiare altrove.

Volgiamo al termine con la domanda di rito: qual è il tuo cocktail e il tuo distillato preferito?

Ho tre drink preferiti, e sono: l’Americano, il cocktail Martini extra dry, e il Daiquiri On The Rocks. Per il distillato vi direi la tequila, anche se, le poche volte che sono a casa, mi piace coccolarmi con un po’ di cognac.

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