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Guglielmo Miriello: l’icona dell’ospitalità e della competenza al servizio della clientela

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Bar manager del Ceresio7 dal 2017, Guglielmo Miriello è portavoce dell’arte dell’accoglienza italiana, che riesce a ben interpretare nel suo locale, interfacciandosi con clienti dalle esigenze diversissime, ma sempre di alto profilo. I suoi cocktails completano un’esperienza memorabile in uno dei migliori scenari milanesi.

 

Quali sono le tue origini e che cos’hai studiato prima di diventare bartender? Quali esperienze hai fatto?

Io sono pugliese, regione nella quale sono stato fino a 19 anni. Dopo l’alberghiero, al quale mi sono iscritto per diventare chef, ho scoperto la mia passione per il bar e quindi per la miscelazione, grazie all’esperienza con Marco Sumerano, proprietario del Glass di Legnano. Dopo aver fatto il primo corso in 3F, dal quale sono usciti personaggi del calibro di Agostino Perrone, Lorenzo Bianchi e Andrea Montagnana, nel 2005 ho messo in pratica la mia ricerca in Columbus, un progetto di Stefano Lascatti con due ristoranti e un servizio catering, gestito con i soci Antonio Vadalà, Giuseppe Tulumello e Salvatore Buoncore. Sono sempre stato una persona che cercava, approfondiva, sperimentava; viaggiavo molto a Londra, tra masterclass e bar show internazionali, per vedere i trend dell’anno successivo. Sono stato uno dei 10 finalisti dell‘Innovative Drink of the Year contest nel 2010, ho vinto la sezione italiana della World Class Competition Diageo nel 2011 e ho partecipato alla finale a Nuova Delhi come rappresentante dell’Italia. Dopo aver lavorato qualche anno a Milano, tra il Bulgari Hotel e l’apertura di Excelsior in Galleria, nel 2012 sono andato a Shanghai al ristorante stellato Maison Pourcel come bar e bistrot manager.

 

Tornato in Italia, sei subito arrivato da Ceresio7? Perché hai deciso di accettare l’invito?

Nel 2013, quando sono tornato a Milano, mi sono occupato, come Operations Manager dell’apertura innovativa di Dry Milano. Eravamo i primi a servire la pizza gourmet in abbinamento ai cocktail in un ambiente di lusso, internazionale. Dopo quattro anni, nei quali mi occupato anche della parte operativa del ristorante, sono andato al Ceresio7, dove ho ricoperto il ruolo di bar manager e coadiuvato le funzioni operative del ristorante. Nella scelta di venire al Ceresio7 è stata innanzitutto fondamentale l’importanza della vetrina, oltre all’indipendenza della struttura. Una parte della proprietà si occupa di dirigerla e, se da un lato ho più libertà rispetto a un contesto d’hotel, dall’altro c’è anche un rapporto più stretto con i responsabili. Inoltre, il ristorante è di altissimo livello e la location è impareggiabile nella città.

 

 

Quanto credi sia difficile fare il bar manager in un locale così internazionale? Il tuo punto di forza?

Rispetto ad altre realtà, qui le aspettative sono altissime. Quello che io faccio è esaudire il bisogno e le esigenze dell’ospite nel momento. Noi offriamo un’esperienza e lo staff è parte della stessa. Dobbiamo modularci di fronte al cliente, mantenendo sempre un servizio di alto livello. L’ospitalità la interpreto come il raggiungimento del benessere dei nostri ospiti ed è l’obiettivo che a cui ambisco ogni giorno. Pertanto, credo sia proprio questo il mio maggior punto di forza.

 

 

Come si può definire la tua miscelazione? Quanta comunicazione c’è con la cucina?

I miei cocktail sono contemporanei, si rifanno sulla tradizione, sulle origini e sulle basi della miscelazione, ma con una chiave di lettura attuale. Sono contestualizzati agli anni in cui viviamo, al gusto attuale e sono evoluti grazie alla mia ambizione di migliorarmi. Ho sempre cercato di avere un occhio di riguardo sui trend, non lasciando da parte la tradizione, e sui dettagli, come la tipologia di bicchiere o di ghiaccio, che per me non sono tali. La mia esperienza di cucina ha contribuito nel farmi diventare un barman meticoloso e attento alla manipolazione degli ingredienti. Al Ceresio7 usiamo numerose tecniche di cucina come nell’Hellfire, dove arrostiamo il peperone rosso, lo infondiamo nel mezcal e lo facciamo cuocere a bassa temperatura per estrarne l’aroma. I due mondi comunicano molto anche a livello di accompagnamenti: nei menu degustazione del ristorante abbiniamo i nostri cocktail con l’amuse bouche, gli antipasti e i dessert.

 

 

Qual è stato il tema dell’ultima drink list?

L’ultima carta si chiama Sartorial ed è stata stampata su un tessuto organico blu serigrafato al laser. I 18 cocktail si suddividono in due sezioni: Textiles e You inspire me. La prima è dedicata ai tessuti, reinterpretati utilizzando ingredienti che ne richiamano le caratteristiche, come nel caso dello Smoking, una rivisitazione dell’Old Fashioned preparata con uno sciroppo di Vieux Carrè in sostituzione dello zucchero. È un cocktail affumicato, servito su un vassoio di legno con un papillon attorno al collo del bottiglia e il fumo in richiamo allo smoking jacket. La sezione You inspire me è dedicata invece alla rivisitazione dei cocktail classici. Ad esempio abbiamo un twist sul Penicillin, una ricetta creata in America negli anni ‘2000, in cui abbiamo sostituito il whisky con tequila e mezcal. Lo serviamo in una bottiglia di farmacia, per via del nome.

 

Purple Velvet
Centenario
Penicillin
Star of Gins

 

Che impatto ha avuto il Covid-19 al Ceresio7 e come avete reagito?

Se il virus ha avuto un impatto negativo fortissimo sul nostro settore, dall’altro lato ci ha dato la possibilità di reinventarci. Nel nostro caso, nel primo lockdown abbiamo consegnato a domicilio un menu di cucina con accompagnamento vini, scelta che abbiamo deciso di non replicare perché di difficile realizzazione, ma abbiamo anche venduto etichette di vino, sul nostro sito, e messo in piedi un membership club, nel quale abbiamo omaggiato i nostri clienti di vantaggi sull’utilizzo di nostri servizi.

 

 

Per la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba hai preparato Italian Gentleman, un cocktail con tartufo bianco d’Alba. Quanto spazio potrà avere nei cocktails? Quali saranno le prossime tendenze?

Come in cucina, anche nei cocktails credo che il tartufo sia da usare con moderazione, perché ha una nota aromatica interessante ma anche molto coprente. Se dobbiamo parlare di tendenze, invece, credo vi sarà un ritorno di cognac, whisky – sia liscio che in miscelazione – mezcal e tequila e che prevarranno i cocktails con gusti sempre più complessi e dall’aspetto più semplice, elegante ed essenziale. Un’altra tendenza sarà sicuramente quella dei cocktails low alcohol – al Ceresio7 li realizziamo da qualche anno con una base, sodata aromatizzata, di vino (fortificato oppure no) oppure di vermouth – e di quelli realizzati con ingredienti solidi, ad esempio frutti e verdure, i quali andranno a conferire – attraverso tecniche e processi avanzati – il solo aroma, sotto forma di estratti, centrifughe, ecc… In futuro credo che si percorrerà anche la strada già tracciata dell’autoproduzione. I bar di ricerca lavoreranno sulle fermentazioni e su altre tecniche ormai già molto utilizzate per la creazione di ingredienti unici e diminuirà sempre più l’acquisto di materie prime esterne. I cocktails non si fanno e non si faranno più solo dietro al bancone ma già a partire dal laboratorio.

 

Italian Gentleman

 

Quali progetti personali hai all’attivo?

Sono il Global Brand Ambassador di O’ndina Gin, per la quale mi occupo di diffondere il prodotto nel mercato B2C e B2B italiano, inglese e da quest’anno anche spagnolo e greco. Fra i cocktails che ho realizzato per loro quello che mi rappresenta di più è Love in Portofino, con gin, cetriolo fresco, succo di lime e limone, fiore di sambuco, nettare di agave, spray fiammeggiato di assenzio e basilico. Un altro progetto nuovo, insieme a Rona Glass, è stato il disegno delle nuove coppette Martini, realizzate in vetro soffiato a bocca, con il logo di Ceresio7 e una capienza di 15 cl. Oltre a utilizzarle per servire i nostri Dry Martini Cocktail, le metteremo anche in vendita in un cofanetto speciale con 4 cocktails pronti da bere da noi realizzati.

 

 

Il tuo cocktail preferito?

Da sempre il Dry Martini e il Negroni. Sono quelli che apprezzo maggiormente, ai quali seguono Old Fashioned, Daiquiri e Margarita. Venendo da una formazione classica, vivo la preparazione di un Dry Martini come un rito.[:]

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Redazione MT Magazine

MT Magazine è una finestra sempre aggiornata sul mondo della miscelazione italiana e internazionale. Nata nel 2017, da un’idea di Laura Carello, il progetto ambiva a creare una guida circoscritta ai cocktail bar di Torino e Milano, in pochi anni poi si è ingrandita al punto tale da diventare un vero e proprio magazine di riferimento per il settore della mixology e gli appassionati di cocktail.

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