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Il Salone del Vermouth alla conquista di Firenze e Bologna.

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salone del vermouth

Dopo il successo raggiunto nella “culla” torinese, Il Salone del Vermouth è andato alla conquista di due città dell’Italia centrale più influenti per il bere miscelato, Firenze e Bologna– accolta dagli spazi del The Social Hub. All’evento, ideato dal progetto in ambito mixology MT Magazine, curato da Laura Carello, in collaborazione con la testata Il Forchettiere, hanno partecipato alcuni fra i migliori produttori di Vermouth al mondo. Non solo le aziende che hanno contribuito a tenere alte le insegne dal punto di vista produttivo e comunicativo in Italia e all’estero, ma anche piccole realtà di nicchia che giocano il ruolo di ambasciatori locali per la capacità di comunicare le peculiarità del territorio di riferimento.

Abbiamo rivissuto questa due giorni all’insegna del Vermouth insieme al giornalista Federico Bellanca, per l’occasione trasformatosi in conduttore e moderatore dei talk che hanno animato la rassegna.  

Salone del Vermouth
Federico Bellanca, Laura Carello e Marco Gemelli

Ciao Federico, le due nuove tappe del Salone del Vermouth hanno toccato Firenze e Bologna. In che modo si collegano a questo prodotto che sta vivendo una nuova giovinezza? 

Firenze e Bologna sono state città perfette per accogliere quest’evento in quanto tutte e due hanno una forte connessione diretta o indiretta con il mondo del Vermouth. Firenze ha fatto del Negroni il suo simbolo a livello bar, e questo sarebbe impossibile da realizzare senza Vermouth e non solo, in questi giorni la regione è in fermento nel tentativo di creare un proprio IGT sul prodotto, riunendo piccoli produttori che hanno però le idee molto chiare. Mentre a Bologna troviamo una storia lunghissima che ad esempio vede delle bottiglie leggendarie realizzate in questa città come quelle di Salvador Dalì pensate e create per un famoso brand; storia un po’ dimenticata che però ha spinto i bolognesi stessi a riscoprirla. 

salone del vermouth

Largo spazio è stato dedicato a Talk e discussioni che hanno toccato la storia, il passato e il futuro, di questo prodotto. Tu che li ha condotti e animati hai avuto la risposta che ti aspettavi? 

salone del Vermouth

Esattamente, proprio così, sono stati i Talk a fare la differenza. Il pubblico è accorso numeroso per scoprire ogni segreto dietro questo mondo. Grande successo e partecipazione hanno caratterizzato anche i due talk del Fuori Salone; tenuti presso Eataly, occasione per parlare con un pubblico di appassionati e semplici curiosi. La cosa che ha conquistato gli ospiti è stata la differenza delle tematiche trattate. Ci sono stati talk che hanno coinvolto i caffè storici e altri che hanno coinvolto i piccoli produttori indipendenti della new generation. Da un secolo di storia a qualche anno di vita, praticamente gli opposti. Tante le tematiche di attualità come ad esempio gli incontri volti alla scoperta del pairing durante i quali sono intervenuti gli Chef Ariel Agen e Corrado Parisi raccontando le loro esperienze e la loro visione. Per quanto riguarda la parte storica invece ovviamente grandi aziende come Carpano sono riuscite a portarci indietro di qualche secolo per guidarci alla scoperta degli inizi.  

Possiamo dire a gran voce che il Vermouth è “risorto” o meglio sussurrarlo? 

Si credo che siamo di fronte ad un Risorgimento del Vermouth, parola non scelta a caso visto che la prima edizione torinese si è tenuta proprio nel Museo del Risorgimento. Lo vediamo con aziende che fanno Vermouth di vini naturali, orange wine e vini toscani. Se dovessi dire una cosa che caratterizza questa rinascita non è la ricerca spasmodica delle botaniche, come avvenuto con l’esplosione del gin, ma la ricerca della materia prima vinosa come elemento distintivo a prescindere dalla zona geografica.

In questa due giorni di talk ed esposizione più volte è stato ripetuto che il Vermouth è da considerare il “nuovo gin” è corretta questa affermazione?  

Non so se è corretto dire che il Vermouth è il nuovo gin, però non è neanche sbagliata, un parallelo lo vediamo in modo molto chiaro: anche il gin ha avuto il suo momento apicale di rinascita in Spagna e non in Inghilterra e quindi paradossalmente non nel paese dov’è nato ma nel paese che l’ha adottato senza la schiavitù della “tradizione” ma con tanto coraggio per innovare. Se non ci fossero stati marchi come Gin Mare o Nordés questo movimento non sarebbe mai arrivato in Italia, nel bene e nel male, ovviamente. Con il Vermouth più o meno è la stessa cosa, noi siamo un po’ indietro nella riscoperta e nei consumi; certo è che in Spagna- di nuovo- si trovano vermutherrie ovunque, esistono progetti e proposte di pairing praticamente ovunque. Cavalcando quell’onda noi potremmo essere il prossimo paese, si spera, con la differenza però che in questo caso siamo noi la terra madre di questo prodotto e non dobbiamo per nessuna ragione al mondo cedere a facili mode per preservare la tradizione piemontese e in generale il savoire faire italiano. E qui mi ripeto, il paragone col gin è corretto, bisogna evitare che il paragone diventi negativo però. 

Un successo, come ci ha raccontato la curatrice dell’intero progetto Laura Carello, basato sull’idea concreta di valorizzazione del prodotto, facendo incontrare grandi nomi e piccoli produttori accendendo un riflettore importante che possa attirare l’attenzione dei giovani.   

Ciao Laura, ad una settimana dalla conquista del capoluogo toscano e di quello emiliano, ci racconti come nasce il tutto? Cosa ne pensi del futuro di questo prodotto che sta tornando alla ribalta? 

L’intento iniziale era quello di portare il Vermouth fuori dalla nicchia torinese, si potrebbe definire quasi un esperimento, principalmente su Firenze, che ha un forte legame storico e di miscelazione con questo prodotto, e su Bologna che è una piazza molto vivace dal punto di vista della mixology con un pubblico giovane e meno giovane da conquistare. Avere con noi i produttori del Vermouth di Torino, quelli d’eccellenza del Piemonte, così come vedere nascere a Firenze la Carta etica del Vermouth Toscano mi rende felice e mi fa ben sperare in un futuro roseo.

laura carello salone del vermouth

Unire grandi produttori e marchi storici ai giovanissimi produttori regala una forza nuova a questo mondo e lo apre ad una fascia di pubblico, quella dei giovani, che già a Torino ha risposto presente in massa. 

Progetti per il futuro, prossimo e no? Cosa, e soprattutto dove, bisogna aspettare il Salone del Vermouth? 

Il progetto principale è il consolidamento di questa manifestazione. Il primo passo sarà sabato 22 e domenica 23 febbraio 2025, quando avremo la seconda edizione del Salone del Vermouth a Torino, cercando di replicare e ampliare i numeri della prima implementando sia il numero dei produttori che degli eventi del Fuori Salone. L’idea poi è quella di esportare il format vincente lungo tutto lo stivale, non solo in questa formula, che mi sento di definire vincente, ma anche con degli spin-off o dei pop-up come quelli che si sono tenuti da Eataly. Il sogno sarebbe quello di abbattere le barriere territoriali della città di Torino, portandolo in Italia e, perché no, all’estero. Insomma tutto un work in progress, ci faremo sentire presto.
salone del vermouth

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Antonio Galdi

Antonio Galdi, classe 00, si laurea nel 2022 in scienze gastronomiche mediterranee presso l’università di Napoli Federico II. Inizia a lavorare come aiuto cuoco in vari alberghi e ristoranti ma dopo un master in critica enogastronomica, inizia a pubblicare i suoi primi articoli. Adora la cultura pop legata al cinema, alla musica e alla letteratura italiana.