fbpx

International Gin Tonic Day: una chiacchierata su storia, consigli e consumi con Marco Gheza

Condividi
gin tonic day

Oggi, 19 ottobre, è l’International Gin and Tonic Day, la giornata in cui si omaggia uno dei cocktail che ha fatto più tendenza negli ultimi anni, sia tra i bartender, sempre alla ricerca dell’ultimo distillato sul mercato, che tra il pubblico, che spesso lo sceglie per una bevuta leggera e secca, dall’aperitivo al dopocena. Ne abbiamo parlato con Marco Gheza, il Brand Ambassador di Beam Suntory, una delle principali compagnie produttrici di distillati al mondo, che nel proprio portafoglio può vantare importanti etichette di gin.

marco gheza

LA STORIA DEL COCKTAIL

Come per tanti altri drink, anche nel caso del Gin Tonic non si hanno informazioni certe sulla sua origine. Sicuramente, i primi a distillare l’alcool insieme al ginepro furono i monaci benedettini della Scuola Medica Salernitana, oltre mille anni fa. L’obiettivo dello scopo era meramente curativo. Quindi, nacque l’antenato del gin, l’olandese jenever, un distillato di orzo o frumento con la presenza di ginepro (in olandese jeneverbes significa proprio questo) non più prodotto a scopo curativo, come testimoniano le prime accise imposte nel 1606. Gli inglesi fecero loro questo distillato, occasione delle battaglie che li videro protagonisti nei Paesi Bassi alla fine del XVI secolo, e crearono il gin. La ricetta del Gin Tonic nacque invece qualche anno più tardi, in India, dove gli inglesi erano alle prese con una battaglia coloniale nelle Indie. Qui, la Compagnia britannica delle Indie Orientali dell’esercito britannico pensò di addolcire e ammorbidire il gin al chinino, già utilizzato per contrastare la malaria che colpiva i coloni inglesi e i viaggiatori, aggiungendo acqua, zucchero e lime. Era nato il Gin Tonic.

COME SI PREPARA UN BUON GIN TONIC

Nonostante vi siano due soli ingredienti in questo cocktail, o forse proprio per questo motivo, ci sono tante accortezze da seguire per preparare un buon gin tonic. Partiamo dal bicchiere. “Per un legame con le origini” dice Marco “il drink andrebbe servito in un highball. Il balloon, che ha preso piede negli ultimi anni, è di retaggio spagnolo ed è impropriamente utilizzato per questa bevanda, perché la sua forma ampia lo rende ideale per mettere in risalto tutti i profumi del vino”. Altro ingrediente importante nella ricetta, oltre al gin e alla tonica, è il ghiaccio, “che dev’essere di buona qualità e trasparente (clear ice)”. Un ghiaccio compatto e alla giusta temperatura impedisce la prematura diluizione del drink, preservando altresì la carbonazione della tonica. 


ROKU, IL GIN PREMIUM CHE RACCHIUDE L’ESSENZA DELLE STAGIONI DEL GIAPPONE


IL GIN

“Il gin perfetto per il Gin Tonic” continua Marco è il Roku, per il suo profilo floreale ed agrumato ma allo stesso tempo secco e con un finale che vira, come da tradizione, sul ginepro. Viene prodotto dalla più antica distilleria giapponese, Suntory, che quest’anno compie il primo centenario”. La distilleria è stata anche la prima a produrre gin in Giappone, nel lontano 1936. Alla ricetta originale, oggi Roku aggiunge “sei botanicals raccolte durante lo shun, il picco di massima qualità e fioritura di ciascun ingrediente”. Le sei materie prime sono anche l’espressione delle stagioni in Giappone: la primavera è rappresentata dalle foglie e dai fiori di sakura, il ciliegio nipponico, l’estate dal tè verde Sencha e Gyokuro, perché è in questo periodo dell’anno che aumenta l’esposizione solare e quindi la produzione di clorofilla, l’autunno dall’autoctono pepe Sansho, piccante e agrumato, e l’inverno, dallo yuzu, agrume giapponese dal sapore a metà tra limone e mandarino.

roku. gin fiore di ciliegio

Altro gin consigliato da Marco, sempre del portafoglio Beam Suntory, è il Sipsmith, “un London Dry Gin dal profilo ancora più secco e più audace, e sicuramente di stampo classico, perché tra le dieci botaniche della ricetta, a dominare sono il ginepro e gli agrumi (arancia dolce di Siviglia, scorza di limone spagnolo)”. Nata a Londra nel 2009 dall’idea di un gruppo di amici –  Sam Galsworthy, Fairfax Hall e Jared Brown – in pochi anni la distilleria è riuscita a tracciare un solco nel panorama del gin inglese e mondiale. Si tratta infatti della prima azienda londinese a utilizzare un alambicco di rame tradizionale negli ultimi 150 anni e anche colei che, attraverso una petizione, è riuscita a far abrogare una legge in vigore dal 1823, secondo cui era vietato distillare in alambicco tradizionale inferiore a 1800 litri. Da quel momento, in Inghilterra sono nate altre realtà che, come Sipsmith, producono “gin artigianale”.

gin tonic sip smith

LA TONICA

Secondo ingrediente più importante del Gin Tonic è la tonica. “Il lavoro di masterblender e del masterdistiller consiste nel creare una ricetta di gin già bilanciata”. Proprio per questo motivo, il consiglio è quello di utilizzare una tonica neutra e secca, che non prevarichi il sapore del gin, ma che lo esalti. Ciononostante, anche il mercato delle toniche ha fatto grandi proseliti. Basti pensare che, nella maggior parte dei cocktail bar che dedicano una sezione del proprio menu a questo drink, a ogni gin è consigliata una tonica in abbinamento. Va da sé, poi, che sia il cliente a scegliere il proprio Gin Tonic preferito. Se c’è chi predilige una tonica secca, con una buona quantità di chinino e zucchero, altre persone preferiscono fare una scelta diversa, optando per una tonica floreale, fruttata e tendenzialmente più dolce, oppure aspra e pungente, per la presenza di zenzero.

marco gheza

I CONSUMI

Secondo TradeLab – società italiana di consulenza e analisi operativa partner delle imprese nella gestione dei processi di ingresso e di presidio del mercato – il valore retail del gin è stato di circa 409.687 euro nei consumi fuori casa del 2022: davanti agli amari e dietro agli aperitivi. Se si considerano i cocktail, però, il Gin Tonic si è classificato primo nel momento del dopocena e secondo all’aperitivo, solo dopo lo Spritz. Un risultato impensabile fino a qualche anno fa. “Credo che il successo di questo cocktail sia dovuto alla semplicità di preparazione. A differenza di altri drink, non è richiesta una grande preparazione per ottenere un ottimo risultato. Rispetto agli anni ’80 e ’90, quando il Gin Tonic era concepito come London Dry, tonica e fetta di limone, il cocktail è cambiato molto, in particolare negli ultimi 10-15 anni, grazie all’importante ruolo giocato dalle grandi aziende di spirits spagnole. Loro hanno portato sul mercato gin profumati, che hanno aperto la strada a una nuova modalità di bevuta, con l’utilizzo di gin aromatizzati con fiori, frutta e spezie, che rendono la bevuta meno secca e molto spesso vengono anche richiamati nel bicchiere”. 

Negli ultimi 2-3 anni, si sta però ritornando al passato, con la scelta di un bicchiere highball e di gin e toniche più essenziali, oltre che di garnish più semplici, come la fetta scorza di limone. E rispetto al futuro? “Vedremo diminuire le nuove proposte di gin, a favore dei marchi più noti, che emergeranno sul mercato. Nei cocktail bar non troveremo più 70-80 etichette di gin, ma solo 10-15, iconiche. Ancor più di quando lavoravo dietro al bancone, ho capito che in un Gin Tonic la differenza la fa la qualità produttiva del distillato e la sua fruibilità, non il numero di botaniche utilizzate”.

Condividi
Alessio D'Aguanno

Alessio D'Aguanno

Alessio D’Aguanno è il copywriter. Intervista bartender e racconta il lavoro che questi ultimi fanno nei cocktail bar italiani e di tutto il mondo, sia nel blog che nella guida cartacea.

Altri Post di Mt Magazine