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18-70 Drinkin’ Kitchen il locale di Bra:sperimentazione e non solo

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1870

Se parti da Torino in direzione Bra puoi avere due soli motivi: Cheese, la mostra dei migliori formaggi artigianali a latte crudo, organizzata ogni due anni da Slow Food, oppure la celebre salsiccia di vitello, ormai sdoganata grazie alla magrezza e alla nobiltà della carne. Riassumere un comune di 30.000 abitanti in sole due parole potrebbe però essere troppo rischioso, ed è infatti questa la sensazione dopo un giro tra le vie del centro e dopo essere arrivati in Piazza 20 Settembre.

Qui, il bartender ed ex publican Daniele Macciò ha prima preso in gestione il locale MondoFood e poi, quando ha capito che vi era una reale possibilità di acquistarlo, un anno e mezzo fa, l’ha rifatto a sua immagine e somiglianza, rinominandolo 18-70 Drinkin’ Kitchen: 1870, perché il 20 settembre di quell’anno l’esercito italiano, alcune settimane dopo la caduta di Napoleone, entrò a Roma passando dalla Breccia di Porta Pia e annesse Roma all’esercito italiano. Drinkin’ Kitchen perché qui non esistono cocktail, vino e birra senza pizza, hamburger, cucina e viceversa.

10-70 drinkin

Il banco bar è stato trasferito davanti alla cucina, precedentemente a vista, la scelta dei colori si è fatta meno cupa – dal binomio rosso-nero si è passati al grigio-beige, mantenendo il legno già preesistente – e alle pareti sono state appese delle cartine geografiche del mondo intero, che sono diventate la carta distillati del locale. Se trovate tre post-it sulla Scozia con scritto whisky, allora significa che ci sono tre whisky scozzesi in bottigliera e sta a voi scegliere quale ordinare. Ai 45-50 coperti interni, poi, si vanno a sommare quelli esterni, di un dehors dal quale si può scorgere tutta la veduta della piazza.

18-70m drinkin kitchen

Focus dell’offerta è indubbiamente l’accoppiata cocktail-cucina vegana, anche per via della grande attenzione alla sostenibilità in entrambe le anime di 1870. 

18-70 drinkin kitchen

Nel menu cocktail ispirato al minimalismo – “uso quello che è sufficiente, non sono dell’idea del less is more” – si può attingere tra scelte a rotazione e permanenti. Le prime sono delle limited edition che vengono sostituite una volta finita la preparazione, le seconde rimangono in carta fino al cambio menu successivo. Mentre scriviamo, a rotazione troviamo quattro scelte tra cui lo Sprizzolone, uno Spritz preparato con La Canellese bitter bianco, melone, vino bianco (anche questo a rotazione, in funzione delle etichette già aperte in mescita) e soda, e il Mezcarrot, “un cocktail ordinato molto più del previsto”, dolce, affumicato e con picchi di acidità, dati rispettivamente da un succo di carota chiarificato, dal mezcal Verde e dall’ash oil, un olio fatto con gli scarti – “anche se non ci piace chiamarli così” – di frutta e verdura. Dopo essere stati essiccati e ridotti in polvere, vanno ad aromatizzare un olio che all’occorrenza può diventare speziato o piccante – non a caso viene usato anche nel Bloody Mary e nell’hamburger, per chi lo richiede – e che in questo caso è fatto di sole bucce di carota.

18-70 drinkin kitchen

I cocktail permanenti, invece, sono dodici in totale, più L’Incognito,un drink che abbiamo da sempre e che ci viene ordinato dalle persone che non sanno cosa prendere o da quelle che vogliono affidarsi a noi. La particolarità è che anche il cameriere non sa cosa c’è all’interno. La sfida, nel caso in cui il drink piacesse molto, sta nel replicarlo a distanza di giorni o addirittura di ore”.

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Poi, si spazia. Dal Teqtonic, omaggio al genere di danza francese spopolato all’inizio degli anni 2000, ma soprattutto all’utilizzo di tequila al posto del gin. Il risultato arriva fresco, frizzante e beverino al palato, con una nota di cola, data dall’uso di uno sherry Pedro Ximenéz e con una spruzzata di mandarino che aromatizza tutta la bevuta. Date il pane al cane pazzo è l’emblema di come qui non ci si risparmi sulle tecniche. Il Laphroaig 10 whisky viene miscelato con zenzero, fumo alla menta, e con uno kvass, una bevanda fermentata tipica dell’Est Europa, a base di pane e in questo caso anche di miele. Il Nucleo è la rappresentazione dell’idea di sostenibilità del titolare, che in questo drink usa il succo di banana ottenuto dalla polpa – in abbinamento a Duppy Share rum bianco, chartreuse e citric blend – lasciando la buccia alla chef Elena Rodella, che ci prepara una chips essiccata, adagiata sulla Banoffi Cheesecake. Barollo ma non mollo esalta tutte le sfumature di vino in un territorio che vive di questo – Barolo, La Canellese Bitter Bianco, Bordiga Vermouth Bianco e grappa di Barolo – mentre I veri uomini non temono il rosa è il simbolo del messaggio culturale che Macciò vuole trasmettere. “Rum e whisky non fanno ubriacare, è la dose che fa la differenza”. Un po’ come diceva Paracelso. “E inoltre, non è vero che sono solo da uomini”. Proprio per sfatare questo mito, mixa Clairin Communal rum e Glenfarclas 105 whisky in una coppetta, con 9 di Dante Vermouth rosa e granatina. Il drink è rosa e in menu c’è scritto “per tutti”, se non si fosse capito il target. 

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Rum e whisky sono anche le due grandi passioni di Daniele, che in bottigliera conta 120-130 referenze di ognuno – da rum giamaicani e di Barbados a whisky danesi, svedesi e australiani – insieme a distillati dal mondo e ‘solo’ 15 gin. “I gin non hanno bisogno di essere spinti in questo momento storico. Per questo motivo, ho scelto 5-6 gin tra i più richiesti, a cui ho aggiunto una selezione di dieci etichette a rotazione, che hanno degli elementi interessanti”.

Anche la ricerca sugli analcolici è apprezzabile. In particolare, lo si può dire dell’Alter Ego, un drink che ha come base l’aceto balsamico (si, quello dell’insalata) de-acidificato con bicarbonato di sodio e poi abbinato a tonica, oak and smoke e buccia d’arancia. Il risultato è fresco, dolce e piacevolmente poco acidulo. 

Se pizze alla pala e hamburger valgono la pena di essere ordinati – le prime perché sono preparate dal carcere di Cuneo, all’interno di un bel progetto sociale nato nel 2023, “GliEvitati”, e i secondi perché spaziano dall’ormai classico Pulled Pork al Vegeta, una pita fatta in casa, con polpette vegane, maionese vegana, chutney del mese e insalata – è la cucina che a nostro avviso spicca. E lo fa, in particolare, nei piatti di matrice vegana, in cui la chef Elena Rodella di origine veneta e trasferitasi qui per caso si sente molto affine, per via del regime alimentare seguito. I fornitori sono del territorio e variano in funzione della stagionalità, “che poi è tutto dire” continua Daniele “nel senso che noi abbiamo essiccato i funghi e preparato una salsa di fragole, che possiamo utilizzare anche fuori stagione”. 

Tra gli antipasti, vale la pena di essere ordinato l’hummus. Alla salsa di ceci, limone e tanto cumino, si aggiungono le variopinte e sempre diverse verdure, adesso rappresentate da sedano sottaceto e barbabietola agrodolce, oltre a chips di pane. Il risotto – un must della sua cucina – è realizzato con la parte bianca del porro, mentre la parte verde, purtroppo molto spesso ancora scartata, aromatizza un olio che viene usato a completamento del piatto, insieme a una carta di riso speziata. Anche tra i secondi è possibile scegliere un piatto vegano, delle polpette con un contorno di verdure di stagione, maionese allo zafferano e ketchup di pomodori secchi. 

hummus

“Finora, il riscontro è stato positivo. Ho una clientela attenta, che viene qui per qualcosa di diverso e che torna anche nella stessa settimana perché abbiamo proposte di cucina e beverage diverse. In settimana, siamo frequentati come ristorante, nel weekend come cocktail bar. Vorrei che 1870 fosse sempre percepito come ristorante e cocktail bar. L’abbinamento cucina-cocktail è sempre possibile. Ci sono delle serate in cui questo tema diventa centrale: si tratta di cene con menu fisso, nelle quali un artista viene per fare live painting e passa tra i tavoli a raccontare le proprie opere. I quadri vengono poi esposti all’interno del locale, a titolo totalmente gratuito. Già quando ero a Londra ci si aiutava tra locali, perché non dovremmo aiutarci qui a Bra?”

Chi è Daniele Macciò

Nato nel 1989 a Dogliani, Daniele Macciò approccia al mondo della ristorazione all’età di 14 anni, in una pizzeria-birreria di paese, d’estate. Abbandonato il liceo scientifico, dopo una breve esperienza in un bar del territorio, parte per Londra all’età di 25 anni. Dopo una parentesi in un ristorante giamaicano take-away, si trasferisce in un pub a Wimbledon, con un cocktail bar nel sotterraneo. Qui conosce quella che diventerà la sua ragazza e che, ai tempi, è stata il primo suo capo dietro al bancone. Quindi, si sposta nel rum bar Barlock, poi nel rooftop-member club dell’hotel The Ned – esperienza formativa per l’accoglienza – e infine nel whisky bar del Great Scotland Yard. Il ritorno in Italia a ottobre 2020 anticipa il subentro come gestore di Mondofood a Bra, locale che mantiene da aprile 2021 fino a novembre 2022, quando prende il nome di 18-70 Drinkin’ Kitchen. Il suo cocktail preferito? Daiquiri. Il suo distillato? Rum.

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Alessio D'Aguanno

Alessio D’Aguanno è il copywriter. Intervista bartender e racconta il lavoro che questi ultimi fanno nei cocktail bar italiani e di tutto il mondo, sia nel blog che nella guida cartacea.

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