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National Absinthe Day: oggi si festeggia la giornata nazionale dell’assenzio

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Oggi, martedì 5 marzo, è la giornata nazionale dell’assenzio, dedicata alla celebrazione del distillato dalla storia più controversa. Chiamato anche Fata Verde, l’assenzio è un prodotto ancora poco conosciuto in Italia, sia in purezza che in miscelazione, e per questo ancora oggi bistrattato.

Per fare luce sul tema, abbiamo deciso di parlarne con due esperti: Gianluca Camazzola, co-titolare e bar manager di Palazzo delle Misture a Bassano del Grappa (VI), dove è ospitata la sede dell’Académie d’Absomphe – Associazione italiana per la tutela dell’assenzio di cui è vicepresidente, e Niccolò Caramiello, co-titolare e bar manager di Norah Was Drunk a Milano.

assenzio

Distillato con erbe officinali, tra cui Artemisia absinthium, anice verde, finocchio, melissa, coriandolo e issopo, l’assenzio è un prodotto strettamente legato alle zone alpine, dove cresce l’Assenzio maggiore (Artemisia absinthium), una pianta verde argentata, molto amara e presente anche nel vermouth (non a caso, wermut in tedesco significa proprio assenzio).

La nascita dell’assenzio, distillato, si colloca ben prima del 1792, anno secondo il quale Pierre Ordinaire, un medico francese abitante a Couvet, nella Svizzera francese, iniziò a distribuire un prodotto terapeutico, capace di curare ogni male. Dal 1850 in poi, l’assenzio divenne popolare e venne ordinato in tutti i locali, specialmente all’ora dell’aperitivo, che diventò “l’ora verde”, tanto da far registrare nel 1910 un consumo annuo in Francia di 36 milioni di litri.

Poi, il bando. All’inizio del ventesimo secolo, in un periodo di post-rivoluzione industriale in cui il disagio sociale di operai e artisti cresceva in modo esponenziale, in quasi tutti i Paesi del mondo fu vietato il consumo dell’assenzio: in Svizzera e Francia, due fra i principali paesi di consumo, rispettivamente nel 1910 e nel 1915, mentre in Italia solo nel 1939. In primis, perché era il prodotto alcolico più bevuto, e di conseguenza lo stigma sociale dell’alcolismo, ma anche perché stava rubando la scena economica al vino e al cognac, i cui produttori non potevano sopportare un ruolo da comprimari. Da quel momento, si scrisse e si disse tutto sulla fata verde, che aveva proprietà negative, tanto da essere etichettata come droga. Il motivo fu argomentato gettando fumo sul tujone, una sostanza simile al THC, il principio attivo della marijuana, la cui assunzione con l’assenzio, in realtà, non implicherebbe nessun tipo di problema se non in dosi folli (circa 25 L al giorno). Tutto ciò, senza considerare che questa sostanza è presente anche nel vermouth, nella chartreuse e non solo, tutti prodotti che non hanno mai subito questo tipo di attacchi.

assenzio

Secondo Gianluca Camazzola, per riconoscere un assenzio di qualità, “bisogna verificare la scheda tecnica e le informazioni forniteci dal produttore. Se l’assenzio ha, come tre botaniche principali, artemisia absinthium, semi di finocchio e semi di anice verde, allora è molto probabile che sia autentico. Aggiungo che deve essere prodotto per distillazione, si deve considerare quindi anche il metodo produttivo e constatare se è fedele ai canoni praticati nel periodo pre-bando. Nulla vieta di utilizzare anche erbe quali artemisia pontica, issopo, menta, melissa, ecc… L’esame più importante, però, rimane la degustazione. L’autenticità dell’assenzio la si verifica anche in questo passaggio. A differenza degli altri distillati, l’assenzio va diluito con acqua prima di essere bevuto. Quando si aggiunge l’acqua, rigorosamente ghiacciata, nel bicchiere, si crea il cosiddetto louche, un intorbidimento che non dev’essere né troppo veloce, né troppo lento. Inoltre, in un assenzio autentico, lo strato superiore del liquido non dovrebbe cambiare colore con la diluizione almeno fino al completamento del louche”.

assenzio bicchiere

Il gusto dell’assenzio, che da sempre divide, è un pregio per Niccolò Caramiello. “Se lo provi e ti piace, allora è sicuro che lo riordinerai. I sentori erbacei, di anice e molto freschi sono unici – in Italia solo la sambuca ha il sapore dell’anice – e mai uguali da un prodotto all’altro. Noi, in tutto, abbiamo 25 referenze in bottigliera, di tutti i tipi: il verde, quello di scuola francese, il bianco e anche l’artigianale italiano. Un problema con cui ci scontriamo spesso è il ricordo che i nostri clienti hanno dell’assenzio. Negli anni ’90-inizio 2000, si bevevano degli shottini molto forti, che sono in totale controtendenza con la lenta degustazione di questo prodotto. Di solito, poi, si trattava di vodka colorata, aromatizzata e ad alta gradazione, che non fa altro che annebbiare la percezione di un gran prodotto”.

Gianluca crede che l’assenzio possa avere un pubblico più grande di quello attuale. “Di solito, nel distillato si usa anice verde e non stellato. Proprio per questo motivo, non tutti gli assenzi hanno questa forte nota anisata; in altri, prevale la parte floreale, agrumata o balsamica. Questo fa sì che l’assenzio sia più universale di quanto possa sembrare all’apparenza”.

assenzio preparazione

Secondo lui, nell’ultimo periodo si starebbe assistendo a una lenta rinascita dell’assenzio. “Negli ultimi due anni sono affiorati nuovi produttori sul mercato: da Tripstillery a Stefano Rossoni, che ha ripreso a distribuire due prodotti storici, più un nuovo imbottigliamento, così come Denever in Veneto e Spiriti Liberi, che sta progettando l’uscita di una nuova referenza. Ciò che conta è che la competenza di chi si approccia oggi all’assenzio è sempre più alta. Molti produttori si rivolgono a consulenti, altri all’Académie d’AbsompheAssociazione italiana per la tutela dell’assenzio”. 

Secondo Niccolò, l’assenzio non viene considerato a dovere dai locali. “Tutti i bar hanno una buona selezione di rum, gin, ecc…, ma non di assenzio. Spesso, mancano anche gli strumenti per servirlo al meglio, ovvero la fontana, la mezza zolletta di zucchero e il cucchiaino forato. Il cliente non lo conosce, non ha idea di cosa sia e, a volte, ha anche paura. Perché la sua storia veniva collegata a quella dei poeti maledetti, che però l’abbinavano all’oppio. In realtà, se si considera la diluizione, stiamo parlando di un distillato che risulta meno alcolico del Negroni”.

Punti di vista diversi, invece, riguardo la miscelazione.

assenzio

Gianluca non propone l’assenzio nei suoi cocktail, ma solo in ricette prevalentemente storiche. “Nel nostro locale, che è anche sede dell’Académie d’Absomphe – Associazione italiana, abbiamo l’obiettivo di far riscoprire i drink storici, come il cocktail à la Louisiane, il Remember the Maine e il Tea punch. Se leggiamo i testi di miscelazione di fine ’800-inizio ‘900, l’assenzio veniva usato prevalentemente come aromatizzante, piuttosto che come ingrediente. Un’eccezione a quella tendenza, ma non l’unica, la troviamo testimoniata nel testo di Marinetti e Fillia “La cucina futurista” pubblicato nel 1931. Qui sono inserite, tra le altre, due polibibite (così gli appartenenti al movimento avevano “tradotto” la parola cocktail) contenenti come ingrediente l’assenzio o un liquore all’assenzio, ovvero la Scintilla e lo Snebbiante. Poi, con il tempo, sono nati anche drink con l’assenzio tra gli ingredienti principali, come il Green Beast di Charles Vexenat, nato negli anni 2000 in una competizione di Pernod Ricard. A differenza dei classici drink con l’assenzio serviti in coppetta, questo è un long drink, con sciroppo di zucchero, succo di lime, acqua fredda e fette di cetriolo.”.

“Un altro classico con l’assenzio, citato da Niccolò, è quello dell’Absinthe Frappe, nato nell’800 a New Orleans. Nella ricetta, sono previsti assenzio, sciroppo di zucchero, acqua, fogliolina di menta, un aromatizzante (Benediticin, come da Norah, o Anisette), soda e ghiaccio tritato”.

assenzio norah was drunk

“Noi abbiamo deciso di puntare forte sull’assenzio” continua Niccolò. “Il 30% dei nostri drink ha come base l’assenzio, che utilizziamo per sostituire white spirits, come gin, vodka o tequila, ma anche come aromatizzante. Spesso, ci capita di utilizzarlo in twist on classic, come il nostro bestseller Absinthe mule, con assenzio, lime, sciroppo di mandorle e ginger beer, o come il nostro French 75, con assenzio al posto del gin. In miscelazione, l’assenzio si abbina bene con gusti freschi e aciduli, in cocktail tipo sour e Gimlet, in abbinamento a tequila, mezcal e rum, soprattutto agricole, e meno bene con l’amaro. Spesso, quando miscelo l’assenzio, utilizzo zucchero e lime, perché fanno da leganti ed esaltatori dei sapori del distillato. Nel tempo, ci siamo accorti che i cocktail servono ad avvicinare le persone all’assenzio e, alcune volte, a precedere la degustazione in purezza, che viene invece sempre preferita dai puristi”.

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Alessio D'Aguanno

Alessio D’Aguanno è il copywriter. Intervista bartender e racconta il lavoro che questi ultimi fanno nei cocktail bar italiani e di tutto il mondo, sia nel blog che nella guida cartacea.

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