Giulia Cuccurullo è la vincitrice della finale mondiale di Patrón Perfectionists 2020. Di origini napoletane e con un passato nell’architettura, vive da dieci anni a Londra, dove è Head Bartender dell’Artesian, un cocktail bar iconico della miscelazione mondiale. L’esperienza della Patrón Perfectionists, nella quale ha vinto con un cocktail in cui è riuscita a raccontare il suo passato e il suo presente, l’ha cambiata notevolmente e l’ha fatta diventare giudice della competizione per due anni di fila. Ora, da ambasciatrice di Patrón, racconta nel Regno Unito le potenzialità di questo prodotto, che si permea di cultura, dal campo alla bottiglia. Come ha avuto modo di apprendere nell’hacienda, in Messico.
1.Perché un bartender dovrebbe partecipare alla Patrón Perfectionist?
Per fare un’esperienza unica, che inevitabilmente ti cambia. E non solo in termini di preparazione sul tequila, ma anche a livello di connessioni. Dal campo all’hacienda, fino alla finale, hai l’opportunità di conoscere persone eccezionali, che ti trasmettono una passione smisurata per il tequila.
Per candidarsi alla Patrón Perfectionists Italia 2024, è sufficiente accedere al sito di Patrón Perfectionists con le proprie credenziali o creando un profilo, nel caso in cui non li si abbia. In seguito, bisogna caricare la ricetta del proprio twist sul Paloma con foto e spiegazione. Il termine ultimo per la presentazione della ricetta è il 30 settembre.
2. Quando hai scoperto il tequila?
Quando a Napoli ho iniziato a frequentare i cocktail bar sia da cliente, che da barlady, durante gli studi in Architettura. Ai tempi, e parlo di oltre dieci anni fa, il tequila era più altro che proposto in shot, più che in drink, da bere liscio. Poi, solo in un secondo momento, ho scoperto i classici della miscelazione a base tequila, come il Margarita e il Paloma, e mi sono interessata a questo distillato e al suo potenziale in miscelazione. Quando ho iniziato a viaggiare, mi è capitato di stare a contatto con realtà che avevano particolarmente a cuore l’agave e quindi tutti i distillati con esso prodotti. Questo, non ha fatto altro che accrescere in me la passione per il tequila, di cui mi affascina particolarmente lo spettro che può avere a livello gustativo. Nonostante sia sempre realizzato con la stessa varietà di agave e con gli stessi passaggi – cottura, fermentazione, distillazione – il risultato finale può variare molto. Ciò dipende dall’estro del distillatore, dalla qualità di agave Azul e dal terroir in cui questa pianta nasce.
3.Sei nata a Napoli, ma vivi a Londra da nove anni. C’è una differenza di percezione e utilizzo del distillato fra Italia e Regno Unito?
Quando mi sono trasferita a Londra, dieci anni fa, c’era molta differenza. In Italia il tequila veniva proposto in Margarita, Paloma o in abbinamento a sale e limone, modalità di consumo nel quale il distillato non veniva solo bistrattato dal locale, ma anche poco apprezzato dal consumatore. Nel Regno Unito, invece, la consapevolezza sul tema era già molto alta. Nelle drink list non erano presenti solo i classici a base tequila, ma anche i signature e anche le bottigliere erano per forza di cose diverse. Qui, il distillato non era solo più rappresentato, ma anche di maggior qualità. Vi era già molta scelta anche sul prodotto premium, al quale veniva dedicata la stessa attenzione di gin o vodka. Adesso, devo dire che la differenza di percezione si è molto assottigliata. Ciononostante, il cliente è sempre più preparato a Londra che a Napoli. Qui, i clienti chiedono un Margarita o un Paloma con un certo tipo di tequila. In Italia, questo passaggio che è stato già fatto con il Gin Tonic, deve ancora essere fatto su questi classici della miscelazione sudamericana.
4. Hai a che fare con una clientela internazionale. Quale target apprezza di più il tequila?
Dipende dalla modalità. Se parliamo di tequila in purezza, direi che il pubblico americano è quello che lo apprezza di più, sia nella versione blanco che reposado. Lo stesso target è anche quello più attento al tema: cerca il prodotto premium e la novità. Ciò potrebbe dipendere dalla vicinanza geografica con il Messico, e quindi dal fatto che il tequila sia qui sbarcato prima che altrove, oppure dal fatto che molti VIP hanno ormai il proprio tequila. Un esempio è quello di George Clooney, dell’attore ed ex wrestler Dwayne Johnson, delle sorelle Kardashian o della cantante Rita Ora. Questa è stata sicuramente una spinta fondamentale per far incuriosire la clientela al tema, ma anche per renderla più consapevole.
Se parliamo di tequila in miscelazione, invece, non c’è un pubblico che la apprezza più di altri, ma tutti dimostrano di gradirlo. All’Artesian, infatti, dall’anno scorso abbiamo in menu quattro drink con tequila, addirittura più di quelli a base vodka.
5.Hai partecipato alla Patrón Perfectionist 2020 nel Regno Unito. Con quale ricetta ti sei presentata alla competizione?
The Bridge. Si tratta di una ricetta che racconta tutto il mio vissuto: il mio pregresso da architetto, per la geometria del drink e il nome del drink, il mio paese di origine, l’Italia, e quello che mi ha adottato, il Regno Unito. Viene preparato con Patrón silver, cordiale di rabarbaro, acqua di pomodoro e un mix di vermouth (Martini ambrato e Americano Cocchi). Il rabarbaro è un ingrediente della tradizione inglese, molto usato nelle torte, e che, in questo caso, lvevo scelto per dare acidità alla bevuta. L’acqua di pomodoro è il racconto contemporaneo della mia Napoli, una città che è legata inscindibilmente a questo ortaggio, protagonista della pizza, ma anche di tante altre ricette regionali, come la caprese. Infine, ho scelto il vermouth, perché capace di allungare la percezione palatale del cocktail, ma anche perché è un vero e proprio ponte tra l’Italia e il Regno Unito. Il nome (“bridge” in italiano significa ponte) è stato scelto volutamente.
6. A gennaio 2020 hai partecipato alla finale mondiale e l’hai vinta, nuovamente con il The Bridge. Che esperienza hai portato a casa?
Unica. Per me è stata la mia prima volta in Messico ed è stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi. Mi ci sono innamorata. Un conto è informarsi di che cos’è il brand Patrón e di cosa fa attivamente ogni giorno per promuovere il tequila e la cultura messicana, un altro conto è essere sul posto. Nell’hacienda passeresti mesi, a sentire i racconti delle persone che ci lavorano. Inoltre, durante la settimana della finale si trascorre anche tanto tempo insieme agli altri bartender in gara, – in attività, masterclass ed esperienze – a tal punto da formare un legame speciale, che in finale si traduce con un supporto a vicenda. Del Messico mi è rimasto impresso anche lo ‘sfondo’ paesaggistico di agave, che qui ha un’importanza ancora maggiore di quella che può rivestire l’ulivo in Puglia. È quasi più simile all’uva in Italia, ma la particolarità nello stato di Jalisco è che l’agave è davvero ubiquitario ed è parte integrante della cultura messicana, dell’essenza. Inoltre, le persone che lavorano nell’hacienda Patrón sono meravigliose. Non sono dei semplici dipendenti, ma amano quello che fanno e si percepisce sensibilmente. Intorno al tequila, in Messico, c’è un attaccamento pari a quello che c’è per il vino in Italia. Il distillato occupa una parte importante sia del business nazionale che del background culturale di ogni persona. Dell’esperienza di Patrón Perfectionists mi porto dietro anche la vittoria, che mi ha permesso di diventare ambasciatrice di Patrón nel Regno Unito e di essere giudice alle finali nazionali.
7.Dopo l’esperienza da concorrente, sei diventata giudice. Che effetto ti ha fatto?
Particolare, sicuramente. Ho fatto il giudice nei due anni successivi alla mia competizione, 2022 e 2023. Nel primo anno, il format della sfida era lo stesso della mia edizione, mentre nel secondo i concorrenti dovevano presentare più cocktail durante la finale, con i quali superare le challenger La cosa che mi è piaciuta di più è come il mondo del bartending si sia mosso attorno al tequila. È bello pensare che, analogamente a quello che succede con l’agave, anche a particolare dallo stesso tequila si siano ottenuti cocktail molto diversi. Ogni Paese ha interpretato a modo suo il prodotto e, nel caso degli USA, anche in più modi. Lo stile di drink che prepari in una competizione come questa è sempre frutto della clientela che frequenta il tuo locale. Se il servizio dei cocktail è sempre stato molto curato dal punto di vista estetico, quello che mi è rimasto più impresso è sicuramente la scelta controcorrente fatta da alcuni bartender: valorizzare il tequila, accostandolo a ingredienti con sapori molto diversi, per metterne in luce le peculiarità. Un po’ come succede nella cucina e nella pasticceria.
8.Quando sei tornata all’Artesian, immagino sia cambiato il tuo modo di concepire il tequila.
Al mio ritorno dalla finale, mi sono sentita uguale ma diversa. Avevo un maggiore rispetto per il prodotto, perché avevo visto da dove arrivasse. Di conseguenza, ho iniziato a proporlo più spesso in menu. Adesso, in drink list, abbiamo come accennato quattro cocktail con il tequila: il già citato The Bridge, che è uno tra i più apprezzati in assoluto, un twist sul Gimlet, uno Spicy Margarita e un drink in cui il tequila è protagonista di un milkwash con champagne. Sono quattro cocktail preparati in altrettanti stili differenti. Ognuno ha il tequila blanco, ma viene interpretato in un modo sempre diverso.