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Pietro Rizzo del The Aubrey al Mandarin Oriental, uno dei punti di riferimento di Londra

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Pietro Rizzo ha le idee chiare. Le ha da quando lasciò, quindici anni fa, Casale Monferrato, per iniziare il suo percorso nel mondo dell’hospitality internazionale.

Oggi, quel percorso lo ha portato a Londra, ad aprire il The Aubrey al Mandarin Oriental, una dei punti di riferimento assoluti in città per la cucina e i drink di ispirazione giapponese. “È un progetto che sta andando alla grande”, conferma Pietro. “Siamo l’opening of the year a Londra, e vogliamo arrivare a livelli molto importanti“.

 


MANDARIN ORIENTAL HOTEL CUSTODE DEI MIGLIORI DRINK D’HOTELLERIE


Pietro, come si arriva a essere un bartender di successo?

C’è bisogno innanzitutto di grande passione, e questa è una cosa che accomuna noi bartender: spesso i ragazzi giovani, in questo settore, vengono pagati poco in relazione all’impegno che ci mettono e al duro lavoro che fanno: così, a mandarli avanti, è la voglia di fare bene, di arrivare, sapendo che laggiù li aspetta la possibilità di viaggiare il mondo facendo seminari, eventi, competizioni“.

E come si mette su un bar che possa scalare le classifiche internazionali?

“Sicuramente ci vuole un background di connessioni importanti. Bisogna organizzare eventi, andare in giro, costruire relazioni in tutto il mondo. Bisogna creare continuità in quello che si fa e mantenere sempre alta la qualità: è un percorso lungo, ma noi contiamo di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati entro un paio d’anni“.

Da dove nasce l’ispirazione per il The Aubrey?

Aubrey Beardsley era un artista inglese, un illustratore visionario dell’epoca dell’Art Nouveau, ossessionato dal Giappone senza esserci mai stato: una cosa che ci ha sempre incuriosito, e che abbiamo deciso di fare nostra anche nella proposta. Perciò abbiamo una grandissima influenza British, ed europea in generale, mixata con la cultura orientale“.

Da lì parte l’idea della vostra carta, giusto?

“Esatto. Audrey era anche editore di un magazine che si chiamava Yellow book in cui si discutevano temi come indipendenza ed emancipazione femminile, temi quasi tabù al tempo. Ne abbiamo trovati una copia originale del 1800 e da lì ci siamo ispirati per il nostro menu”.

Una carta divisa in capitoli: cosa c’è nel primo?

“Il primo sono una serie di signature dedicati all’Art Nouveau, e ispirati alle varie collaborazioni di Audrey con artisti del calibro di Oscar Wilde, di cui c’è chi racconta che fosse l’amante. Uno dei più iconici è il Salome, ispirato all’omonima opera di Wilde di cui Aubrey ha fatto tutte le illustrazioni. Partendo da quella che è una delle immagini più iconiche dell’artista abbiamo creato un twist del Dirty Martini, un drink molto umami con liquore al pomodoro chiarificato, un Shochu alla patata dolce e un goccio di sake che utilizziamo come fosse il vermouth dry nel Martini”.

E il secondo capitolo?

“Sono tre drink molto seasonal, accompagnati dalle illustrazioni diUtagawa Kuniyoshi, un grande artista che ha influenzato tutto il periodo ukiyo-e, parallelo all’Art Nouveau in Europa. In particolare, i nostri drink raccontano alcuni dei 108 guerrieri che in una novella cinese hanno difeso la loro terra, un po’ come fossero dei Robin Hood”.

Infine c’è il terzo…

“Che è un po’ la quadratura del cerchio. Abbiamo cocktail molto più giapponesi, sia nei nomi che negli ingredienti che nello stile, che è quello del chuhai, molto popolare in Giappone, preparato con il Shochu, tradizionale Spirit giapponese. Un distillato che ha oltre trecento anni di storia e che è un prodotto molto tradizionale, anche più del sake. Viene bevuto con la soda, così come noi beviamo il gin tonic. Abbiamo preso questo modello molto basico e semplice ed elevato a un servizio cinque stelle, prendendo i migliori Shochu e unendoli a sode preparate da noi. Aggiungiamo un blocco di ghiaccio disegnato per noi e una garnish meno minimal, sempre home made. Sono dettagli che presi individualmente e portati a un’attenzione particolare possono fare la differenza”.

In generale, l’estetica dei vostri drink com’è?

“È un’estetica abbastanza minimale, ma siamo soltanto al volume uno. La nostra carta è pensata in quattro volumi successivi, e ognuno avrà un suo concetto: questo perché scoperto che Aubrey ha lavorato solo a quattro edizioni dello Yellow Book prima di essere licenziato perché accusato di essere l’amante di Oscar Wilde. Il secondo volume, che lanceremo entro l’estate, sarà più scenografico, con drink un po’ più teatrali e cocktail esplosivi”.

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Redazione MT Magazine

MT Magazine è una finestra sempre aggiornata sul mondo della miscelazione italiana e internazionale. Nata nel 2017, da un’idea di Laura Carello, il progetto ambiva a creare una guida circoscritta ai cocktail bar di Torino e Milano, in pochi anni poi si è ingrandita al punto tale da diventare un vero e proprio magazine di riferimento per il settore della mixology e gli appassionati di cocktail.

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