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Marco Dongi: il bartender che viaggia per il mondo

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Marco Dongi

Attenzione in tutti i dettagli: dalle ricette alle foto dei drink. Marco Dongi, bar manager del Bar Sathorn nell’hotel 5 stelle W Bangkok, è un appassionato bartender che sfrutta ogni momento della sua vita per accrescere sé stesso e chi ha di fronte. Possibilmente, viaggiando per il mondo. 

Chi è Marco Dongi

Nato nel 1992 a Melzo, in provincia di Milano, Marco Dongi inizia la sua carriera lavorativa come PR in discoteca, spazio in cui inizia a fare anche le prime esperienze dietro il bancone. Folgorato dopo un viaggio in Thailandia, decide che nella vita vorrà trovare un lavoro che gli permetterà di scoprire il mondo. Dopo un corso per diventare a barman a Milano, inizia un girovagare che lo porta prima a Londra, poi a Milano, prima per l’apertura del rooftop Melià in Piazza della Repubblica, poi per il progetto Garage Italia e Lapo Elkann e infine a Il Lusso della Semplicità con Alessandro Borghese.

Marco Dongi

Quindi, un viaggio di sola andata per l’Australia lo fa approdare a Fremantle, nell’ovest, dove lavora come bar manager in un rooftop e poi come trainer per hotel e ristoranti a Mauritius. Dopo il Covid-19, vola in Turchia, a Bodrum, al Buddha Bar Beach e poi a Geddah, in Arabia Saudita, dove si occupa del reparto beverage per una compagnia locale di ristoranti, per la Formula 1, per concerti, la Dakar e per l’International Golf. Un’ultima esperienza a Dubai, al Grozven House Hotel della catena Marriott, lo separa dalla posizione di lavoro attuale: bar manager al Bar Sathorn del W Bangkok. Il suo distillato e cocktail preferito sono il whisky e il whisky highball.

Le esperienze con gli chef televisivi

Si sente sempre più parlare di abbinamento tra cucina e cocktail, di cocktail pairing. Nel corso della sua carriera, Marco Dongi ha sperimentato il lavoro di bartender all’interno di ristoranti. “Dopo l’esperienza al Melià, sentivo il bisogno di provare qualcosa di nuovo. Vedendo Filippo Sisti lavorare con Cracco in Carlo e Camilla in Segheria, per gioco ho deciso di mandare il CV. All’epoca, stavo facendo visto il per andare a Dubai. Il giorno dopo l’invio, mi hanno chiamato per fare l’apertura di Garage Italia, un progetto molto grande e articolato – con un’area di caffetteria e cocktail bar e uno spazio eventi – in Piazzale Accursio, zona Portello”. Poi, per Marco si è prospettata un’altra opportunità: Il Lusso della Semplicità di Alessandro Borghese, dove è restato per 8-9 mesi. 

“Le esperienze con gli chef mi hanno permesso di fare tanta gavetta. In ristoranti con volti così importanti, il bar passa sempre – e credo sia giusto così – in secondo piano, perché le persone vogliono assaggiare i piatti dello chef. I cocktail fungono da supporto all’esperienza gastronomica”. 

Miscelare senza alcool

“Per un bartender non poter usare l’alcool nei cocktail è come per un calciatore giocare senza palla”. Marco Dongi commenta così l’esperienza estremamente formativa che a Geddah, in Arabia Saudita, lo obbliga per un anno a ripensare totalmente il suo stile di miscelazione. “Miscelare solo ed esclusivamente senza alcool è stato molto impegnativo e stimolante, perché ti costringe a mettere in moto tutta la creatività. Avere prodotti alcolici di un certo spessore ti aiuta a dare gusto e struttura ai drink. Quando non li puoi usare, devi ingegnarti, riuscendo comunque a garantire un risultato ottimale in termini di ricerca e variegato dal punto di vista gustativo”.  

In Arabia Saudita Marco fa anche un’esperienza di vita, perché nel Paese trova una cultura completamente diversa dalla nostra, che vanta millenni di storia e tanta ospitalità. La mancanza dell’alcool e quindi del concetto classico di miscelazione lo portano a lasciare l’Arabia Saudita, per cui avrà sempre un pensiero speciale.

La miscelazione a Bangkok

w hotel

Bangkok è una città stupenda, tra le migliori cinque a livello mondiale per la miscelazione e tra le migliori tre in Asia. Qui ci sono centinaia di cocktail bar e la competizione è altissima”. Oltre ad avere un pubblico molto più esteso e internazionale, il vantaggio di lavorare a Bangkok è “la possibilità di miscelare con ingredienti pazzeschi, come frutta, spezie ed erbe”. Anche i prodotti che si trovano in Italia, come l’ananas o il cocco, dice Marco, “qui sono completamente diversi, molto più esplosivi in termini di gusto. A Bangkok c’è un livello di miscelazione altissimo. I drink sono molto buoni e, ovunque vai, c’è sempre un’ospitalità da sottolineare. La scena non è mai stata così attiva qui”. Che cosa si beve a Bangkok? “Di tutto, altrimenti non sarebbe una città internazionale, ma sicuramente posso dire che va per la maggiore il whisky, non solo giapponese, e ancor di più nella versione highball, perché fa molto caldo e alla gente piace drink rinfrescanti e gassati”.

Il Bar Sathorn

Bar Sathorn

Nato nel 1889 come residenza privata di Luang Sathorn Rajayukta, un ricco uomo d’affari di origine cinese, il palazzo venne affittato come Hotel Royal nel 1923 da una grande dama italiana, Madame Adele Staro, e diventò uno degli hotel di lusso più importanti nella città. Dal 1948 al 1999, The House of Sathorn è stata la sede della prima ambasciata russa della Thailandia. Dal 2003, la struttura ha preso le sembianze odierne: un luogo eclettico, neoclassico, al cui interno si trovano un ristorante di livello, Paii, un loft per riunioni, alcune suites esclusive e, da cinque anni a questa parte, una meta di riferimento per gli appassionati di miscelazione: Bar Sathorn. Oggi, The House of Sathorn è tutelata in Thailandia dal programma di Belle Arti. Il quartiere in cui si trova prende proprio il nome di Sathorn ed è uno dei 50 distretti della città. Si distingue per essere un’area commerciale, con strutture di lusso – tra grattacieli, come la nota Macanion Tower, e uffici – oltre che per ospitare la Sathorn Road, una via lungo la quale, all’ora di pranzo, vengono serviti i tipici street food asiatici. La sera, il distretto si anima in cocktail bar, night club e jazz bar.

La drink list del Bar Sathorn

Bar Sathorn

Soffitto a cassettoni, lampadari scenografici e capitelli. In un contesto architettonico unico, Marco Dongi guida un team di 14 bartender. “La nostra miscelazione rispecchia le mie vedute: semplice, pulita e ricca di sapori”. Nei bicchieri non ci sono più di quattro ingredienti, di cui uno-due locali, come kaffir lime, pandan, lemongrass, pomelo, miele, longan, mango, tamarindo, mangosteen e foglie di curry. Il motivo? Il gusto di queste materie prime è intenso e l’obiettivo è che il cocktail sappia dell’ingrediente o degli ingredienti protagonisti. “In questo senso, l’alcool è sempre di supporto”. La drink list è volutamente semplice, perché “la gente deve capire cosa bere”. Semplice non significa facile. La ricerca c’è, eccome, ma è sempre volta al raggiungimento di gusti noti per il pubblico internazionale e per quello locale. Proprio per questo motivo, molte delle scelte in carta sono twist on classic, rivisitazioni di icone della miscelazione internazionale.

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Molto spesso la miscelazione di Marco viene portata in giro per l’Asia e per il mondo. “Due-tre volte al mese sono in trasferta, per guest shift. Nei miei otto mesi al Bar Sathorn, sono stato due volte a Singapore, Kuala Lumpur, Vietnam, una volta a Taiwan, in Cambogia e ho già programmato un viaggio in Giappone, Maldive, Dubai, Città del Messico ed Europa, dove farò tappa ad Atene, a Parigi, a Barcellona e in Italia, da Camparino In Galleria, al Locale Firenze e da Drink Kong. In queste occasioni, cerco di portare i signature dell’hotel, altrimenti realizzo dei cocktail con i prodotti degli sponsor che organizzano queste trasferte. Di solito, cerco sempre di portare un Gimlet, un Highball – che a me piacciono molto – un Sour e un drink più strutturato, come l’Old Fashioned”.

I social e la passione per la fotografia

“L’idea di cimentarmi con la fotografia è nata quando, durante il Covid-19, ero costretto a stare a casa. Così, ho deciso di comprarmi una macchina fotografica e di studiare fotografia e video-making. Ho iniziato a scattare foto dei cocktail che facevo a casa”. Sembra che tutto nasca quasi per gioco, ma dietro ogni scelta di Marco c’è sempre tanta riflessione. “In quel periodo, erano stati lanciati i reels e tutti quelli che caricavo diventavano virali. Da 40 mila followers sono passato in poco tempo a 85 mila”. Oggi i social, per Marco, non sono solo una bel biglietto da visita – in cui poter ammirare i suoi drink e non solo – ma sono anche un modo per fargli fare quello che aveva sempre sognato: viaggiare in continuazione.

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Alessio D'Aguanno

Alessio D’Aguanno è il copywriter. Intervista bartender e racconta il lavoro che questi ultimi fanno nei cocktail bar italiani e di tutto il mondo, sia nel blog che nella guida cartacea.

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